Sang sattawat (Syndromes And A Century)
Il nuovo film del regista tailandese Apichatpong Weerasethakul, già autore di "Tropical Malady", si caratterizza per la forte impronta biografica, legata alla sua storia familiare e ai suoi ricordi d'infanzia. Entrambi i genitori di Weerasethakul erano infatti medici, ed il regista è cresciuto a stretto contatto con l'ambiente ospedaliero di una cittadina tailandese, osservando con curiosità e stupore lo straordinario campionario di umanità che veniva in cerca di cure mediche per le ragioni più disparate.

Syndromes and a century è un film dalla partitura complessa, apparentemente episodico e frammentario ma legato saldamente dal filo conduttore della memoria. La pellicola è divisa in due parti ben distinte, e vicende simili sono riprodotte in modo simile ad uno specchio così antico da modificare impercettibilmente l'immagine riflessa. Così vediamo lo stesso ospedale due volte, a quarant'anni di distanza. Il procedimento può ricordare alla lontana il recente "Three times" (presentato a Cannes nel 2005) del regista taiwanese Hou Hsiao-Hsien, opera in cui la stessa storia d'amore era espressa in tre potenzialità diverse della storia di Taiwan. Ma mentre nel film di Hsiao-Hsien la prospettiva era nazionale, in "Syndromes and a century" possiamo osservare un tocco più personale e privato, velato dalla tenerezza e dalla nostalgia di chi si richiama agli anni dell'infanzia.

Le immagini sono dunque velate da composizioni poetiche che non potranno non incantare, sottolineate da dialoghi rarefatti e allo stesso tempo infusi da una delicatissima ironia, come può essere quella dei cari ricordi del passato. Così vediamo personaggi curiosi e pittoreschi, ma allo stesso tempo autentici, come il monaco che sente di essere perseguitato dai polli perché in gioventù spezzava loro le zampe per diletto, o come il fioraio che tenta di vendere a caro prezzo ai propri clienti una fantomatica orchidea dotata di fosforescenza. Certe battute al limite dello straniamento non mancheranno di strappare qualche risata. Risate innocenti perché non si ride mai dei personaggi ma sempre con loro. La grande capacità di Apichatpong Weerasethakul consiste proprio nell'instaurare una forte complicità tra sé ed il pubblico. Non resta che dare il consiglio di affidarsi a lui completamente. Non si resterà delusi.

La frase: "Indosso abiti da monaco perché una forza irresistibile mi costringe. Io volevo fare il Dj, o vendere fumetti".

Mauro Corso

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