Correndo con le forbici in mano
"Correndo con le forbici in mano" è tratto dall'incredibile autobiografia di Augusten Burroughs.
Cresciuto negli anni Settanta all'interno di una famiglia disfunzionale, con una madre ossessionata da se stessa e dal suo sogno di diventare una scrittrice famosa e un padre alcolizzato che lo ignora, Augusten si ritrova a vivere, dopo il divorzio dai genitori, nella casa del dottor Finch, lo psichiatra della madre, in una realtà ancor più borderline. Una sorta di comune dove nessuno "doveva" fare qualcosa, si attendeva l'estro del momento, l'ispirazione; così pile di piatti sporchi si accatastavano in cucina, l'albero di Natale rimaneva in salotto per anni, crocchette per cani come cibo e per giocare una macchina per l'elettroshock.
Nel raccontare l'adolescenza di Augusten il regista Ryan Murphy prende a modello il film di Wes Anderson, "I Tenenbaum", ma se lì il loro bizzarro universo, con gli ambienti colorati e fuori dal tempo, isolato dal mondo sembrava reale e i tanti personaggi erano ben caratterizzati e a tutto tondo, qui, al contrario, le vicende reali sembrano false e i membri della famiglia Finch, definiti solo attraverso le loro stranezze e le loro eccentricità, sembrano figurine create a tavolino. I diversi protagonisti sembrano prendere vita solo nel momento in cui vengono in contatto con Augusten, senza avere una vita propria.
Le diverse scene si susseguono senza organicità, né ritmo e la vita di Augusten sembra un improbabile serie di eventi scelti per scandalizzare e turbare lo spettatore, ma che mai riescono ad emozionare e si perde l'ironia che invece caratterizzava il romanzo.
Eppure l'inizio è molto promettente con una bravissima Annette Bening, nei panni della madre, che riempie la scena con la sua voglia di notorietà e i suoi sogni da casalinga disperata. Più il suo personaggio perde forza più il film perde mordente. Joseph Cross è bravo e sensibile, però ha vent'anni e non quindici come dovrebbe avere Augusten, nel momento in cui viene raccontata la storia, questo aumenta ancor più la distanza tra storia e spettatore.

La frase: "Dove saremmo senza la nostra dolorosa infanzia..."

Elisa Giulidori

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