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Riunione di famiglia
Dopo 10 anni, un ritorno in patria per riappacificarsi - cinematograficamente - col passato. Thomas Vintenberg, uno dei fondatori del manifesto "Dogma 95" e regista di "Dear Wendy", gira di nuovo nella sua Danimarca, dove aveva lasciata aperta la ferita di "Festen", il film che lo aveva imposto all’attenzione internazionale. Infatti "Riunione di famiglia", il titolo italiano di "When a man comes home", richiama proprio il sottotitolo ("Festa in famiglia") utilizzato allora.
Facendo perciò i dovuti paralleli, stavolta l’atmosfera - determinante in questo, sotto l’aspetto tecnico, l’uso del 35mm - è luminosamente primaverile, di una vitalità di cibo e sesso stemperata dell’originaria durezza, sebbene non manchino confronti, rivelazioni, litigi e coppie che si rompono (in una girandola aperta, però). L’umorismo drammaticamente grottesco di un tempo cambia in ironica surrealtà: esilarante e memorabile, in proposito, l’invasato chef svedese (e quindi dalla lingua poco comprensibile), considerato artista (e quindi volubile) che fomenta i collaboratori con riti maori, continuamente frustrato nella sua creatività da piatti rifiutati e mortificanti richieste minimali. L’elemento centrale sta - qui - nella dicotomia, con un giovane puro, fragile, dai punti di riferimento in realtà spiazzanti (un papà suicida e una madre scopertasi lesbica), bisognoso e romanticamente inquieto nei rapporti sentimentali, che si confronta con un genitore-celebrità (Thomas Bo Larsen, al contrario in "Festen" interpretava un figlio) e viziato donnaiolo, alle prese con una relazione esauritasi. Non più laido patriarca, come nell’altra pellicola, ma visto con più benevola comprensione. In ultimo, un confuso miscuglio di sensazioni contrastanti agita l’attesa per il momento della verità e, quando questo arriva, ritroviamo i due protagonisti emblematicamente seduti ai lati opposti della tavolata. Oggi proprio come ieri. Però lo scontro, anzichè dirompente quale fu una volta, è catartico e porta finalmente a ritrovare sicurezza e a crescere.
La frase: "Ti amo anch’io, basta che non vai a letto con i mei genitori".
Federico Raponi
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