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Resident Evil: The Final ChapterLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Rosanna Donato07 febbraio 2017Voto: 7.0
Spesso nel cinema abbiamo visto eroine combattere il male per il bene comunque, ma poche volte ci siamo trovati di fronte ad un vero uragano di energia e azione, pronto a sacrificare la sua vita per evitare che un virus, un cattivo o altro abbia la meglio su tutto il mondo.
Questo è quanto emerge da “Resident Evil: The Final Chapter” di Paul W.S. Anderson, interpretato da Milla Jovovich nei panni della protagonista, Ruby Rose, Ali Larter, Iain Glen, Shawn Roberts, Eoin Macken, William Levy, Rola, Joon-Gi Lee e Lee Raviv. Il T-virus mortale della società farmaceutica Umbrella Corporation continua a devastare la Terra, trasformando la popolazione mondiale in legioni di zombie affamati di carne umana. Alice, l’unica e ultima speranza per la razza umana, si risveglia all’interno della struttura segreta della Umbrella e svolgendo indagini approfondite, scopre alcuni segreti del suo misterioso passato. Senza un rifugio sicuro, Alice continua a cercare i responsabili dell’epidemia; un inseguimento che la condurrà da Tokyo a New York, Washington D.C. e Mosca, un viaggio che culminerà con una sconcertante rivelazione che la costringerà a rimettere in discussione tutte le sue certezze. Con l’aiuto di nuovi alleati e vecchi amici, Alice dovrà combattere per sopravvivere abbastanza a lungo da sfuggire ad un mondo sull’orlo dell’oblio. Il conto alla rovescia è iniziato. Ricordiamo che “Resident Evil: The Final Chapter” è il sesto capitolo della saga iniziata con “Resident Evil” tratta dall’omonimo videogioco. Se pensate di aver già visto tutto nei film precedenti, vi sbagliate di grosso: la pellicola di Paul W.S. Anderson mescola trash e azione sapientemente, riuscendo a mantenere il pubblico in suspance per tutta la sua durata. Una colonna sonora in grado di tenere ancora più viva la tensione nello spettatore è quella proposta in “Resident Evil: The Final Chapter”, che nel complesso è più avvincente dei cinque capitoli precedenti. Nel sesto, infatti, ritroviamo personaggi già conosciuti per gli appassionati della saga, ma anche molte novità. Parliamo di colpi di scena eclatanti che difficilmente possono essere immaginati e risultare prevedibili. Anzi, il film si erge prevalentemente sull’effetto a sorpresa, che permette di lasciare ogni volta lo spettatore sgomento di fronte a determinate scene. Unico elemento banale, se così possiamo definirlo, è l’inserimento di una talpa (alcuni potrebbero capire già dalla seconda metà del film di chi si tratti) lungo il viaggio che rappresenta l’ultima ‘missione’ di Alice. Come in tutti i film del genere, o comunque nella maggior parte di essi, infatti, è facile trovare determinati cliché che sembrano avere lo scopo di sottolineare il possibile disagio della protagonista, ma non ci riescono: ricordiamo che Alice in quanto persona ‘speciale’ non prova le stesse emozioni che dovrebbe sentire un essere umano. La donna, infatti, appare molto fredda, distaccata, calcolatrice, ignara di cosa sia realmente la paura. Il merito è da attribuire in particolare a Milla Jovovich che è riuscita ad essere inespressiva, impenetrabile, senza mostrare alcun segno di cedimento e mantenendo il ruolo da dura che tutti gli amanti di Resident Evil hanno imparato ad apprezzare. Molto d’impatto sono gli effetti speciali (ben costruiti e più godibili se visti con la modalità 3D) e la fotografia, caratterizzata da colori freddi e da un’ambientazione buia e macabra che nasconde in sé una moltitudine di pericoli. Attenzione a non perdere la concentrazione perchè gli zombie sono sempre in agguato e pronti ad attaccare in qualsiasi momento, anche se in “Resident Evil: The Final Chapter” troviamo anche una buona dose di umorismo che ben si abbina alle scene più movimentate, dove l’azione è all’ordine del giorno. Infine, la pellicola colpisce per la costruzione grafica - ben studiata - di determinati ambienti e situazioni e per la capacità del regista di aumentare lo stato di suspance nello spettatore attraverso l’utilizzo di riprese molto accattivanti. La frase dal film:
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