Reeker – Tra la vita e la morte
Con il redivivo Michael Ironside di "Scanners" (1981) a fare da guest star e l’ennesimo gruppo di ragazzi in viaggio di piacere, di cui uno non vedente, bloccati nel desolato motel "Halfway" con l’auto in panne, "Reeker", datato 2005, promette bene, a partire dal riuscito incipit tinto di splatter e sfoggiante riusciti effetti speciali di trucco.
E, mentre scorgiamo tra i giovani e poco convincenti volti protagonisti quelli dell’Arielle Kebbel di "The grudge 2" (2006) e del Derek Richardson di "Hostel" (2005), continua a promettere bene, immerso nella tipica atmosfera da teen-horror rurale a stelle e strisce all’interno di cui il regista Dave Payne, specializzato in b-movie (suo, tra l’altro, "La famiglia Addams si riunisce"), genera sapientemente suspense e sorpresa, dimostrando di conoscere bene sia il filone che il mestiere.
Eppure, al di là del fatto che qualche momento sembri riportare vagamente alla memoria il sottovalutato e quasi contemporaneo "Monster man" (2003) di Michael Davis, il film di Payne inizia a non convincere più lo spettatore proprio dal minuto di visione in cui comincia a manifestarsi la soprannaturale minaccia massacra-giovinastri di turno: una sorta di puzzolente e ridicola creatura digitalmente ricreata che, con tanto di testa di teschio, non sembra rappresentare altro che l’incarnazione dell’odore della morte.
Infatti, tra immancabili spargimenti di liquido rosso e fantasiose mutilazioni tipiche della tradizione cinematografica slasher, trovano purtroppo spazio anche fastidiose spruzzate d’ironia spesso fuori luogo, le quali non fanno altro che generare una certa confusione sulla direzione che lo script vorrebbe prendere.
Script che, a firma dello stesso regista, sembra camuffare in maniera poco furba la sua incapacità di colmare determinate lacune attraverso il ricorso ad un surreale twist ending sicuramente non prevedibile, ma visto e rivisto (e citiamo solo la poco conosciuta produzione franco-americana "Dead end" di Jean-Baptiste Andrea e Fabrice Canepa).
La frase: "Ma a che servono gli occhi? Fanno solo brutti scherzi".
Francesco Lomuscio
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