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Real Steel - cuori d'acciaio











Sono il Re Mida di Hollywood Steven Spielberg e l’autore della trilogia "Ritorno al futuro" Robert Zemeckis a figurare in qualità di produttori esecutivi di quello che, diretto dallo Shawn Levy cui si deve il dittico "Una notte al museo", si basa in parte su "Steel", breve racconto di Richard Matheson già adattato per una puntata di "Ai confini della realtà" interpretata nel 1963 da Lee Marvin.
Con il Wolverine Hugh Jackman che, nei panni di un pugile sul viale del tramonto costretto a farsi da parte da quando il mondo della boxe è stato invaso da giganteschi robot d’acciaio, si trova a realizzare e ad addestrare al combattimento un automa affiancato dal figlio che aveva da tempo perso di vista, incarnato dal Dakota Goyo di "Thor" (2011), l’idea di partenza non può fare a meno di spingere a pensare a quelle su cui si costruirono un’infinità di cartoon giapponesi degli anni Settanta; tanto più che non sono assenti ironici momenti indirizzati agli spettatori più piccoli (si pensi alla sola sequenza in cui il bambino si mette a ballare insieme alla creatura robotica).
Ma, a partire dal fatto che l’avversario del loro combattente meccanico si rivela russo, proprio come l’Ivan Drago di "Rocky IV" (1985), sembra essere una certa aria derivata dal decennio successivo ad attraversare le oltre due ore di visione, con un rapporto tra padre e figlio che, guardando ancora alla filmografia di Sylvester Stallone, ricorda non poco quello descritto in "Over the top" (1987).
Mentre l’abbondanza d’interni e di totali non troppo larghi rispecchia in (buona) parte il fanta-cinema di Charles Band (si pensi solo a "Guerre di robot", del padre Albert), i cui robot protagonisti venivano animati in stop motion dal compianto David Allen.
Del resto, considerando che la sceneggiatura porta la firma del John Gatins fattosi le ossa come attore in horror del calibro di "Spiritika 2" (1993) e "Leprechaun 3" (1995), non ci si stupisce più di tanto se il clima generale, al di là dell’elevato budget di produzione (circa 110 milioni di dollari) capace di garantire ottimi e moderni effetti speciali, sia quello schietto e senza troppe pretese di un b-movie.
Solo che questi ultimi si limitano a durare meno di 90 minuti (spesso, addirittura, anche di 80), mentre qui ci si spinge in maniera inutile un po’ troppo oltre; con il rischio di funzionare meglio in dvd che sul grande schermo e di rimanere freddi come la ferraglia protagonista, nonostante la notevole carica di sentimento tirata in ballo.

La frase:
"Se tu ancora vuoi, sono pronto a combattere".

a cura di Francesco Lomuscio

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