Raja
Jacques Doillon, regista francese sessantenne, ci presenta questo affresco di vita che si muove a cavallo tra una storia di personaggi e la cronaca di un mondo, quello marocchino.
Raja (Najat Benssallem) è un'orfana che ha conosciuto il peggio della vita, umiliazioni, vessazioni e non ultima la strada. Una vita dura che lei si decide ad abbandonare. Vivere in maniera umile, ma con dei soldi guadagnati da un lavoro onesto, perché come dice il suo uomo "Mobilette" [motorino - n.d.a.]: i soldi della notte al mattino spariscono sempre.
Raja finisce per lavorare nella villa di un occidentale francese, destino abbastanza comune in Marocco, un uomo che ormai disilluso della vita si trascina nelle sue giornate futili e vuote: Fred (Pasca Greggory / Son frere).
Fred si innamora, a modo suo, di Raja e non conoscendo altro mezzo per farla avvicinare, usa il denaro come merce di scambio riportando di fatto la ragazza a quello che era ed aveva voluto a tutti i costi abbandonare: una prostituta.
Fallito l'approccio diretto Fred passa ad una più sottile forma di coercizione sfruttando gli usi locali: prezzolando il fratello e corrompendo il compagno tenta l'impossibile, ma il muro che li separa è troppo alto e lui non fa che metterci altri mattoni sopra.
Tutti vogliono decidere cosa sia meglio per Raja, una realtà che può esistere solo nella misura in cui lo permettiamo; infatti è la stessa Raja che non sa cosa fare incapace di vivere i suoi sentimenti, di accettare la possibilità di una storia così lontana dai suoi valori e minata dal muro dell'incomprensione. Lo stesso Fred è un campione di egocentrismo, vorrebbe piegare la realtà ai suoi voleri senza sforzi. Più tenta di fare qualcosa peggiori, sono i suoi risultati perché alla fine non è mai l'altruismo a guidare le sue azioni. In un mondo dove tutti sono chiusi in se stessi diventa molto difficile costruire qualcosa. Il bianco resta un bianco nella sua gabbia dorata e il nero resta un nero nel suo ghetto.
I dialoghi dei protagonisti, come l'ambiente stesso in cui si svolge la storia sono all'insegna della totale quotidianità. Banalità che ci diciamo ogni giorno, battutine, commenti, scene di vita ordinaria tutto teso a creare un'atmosfera il più realista possibile. Bello, interessante, ma terribilmente lento.
La chicca:
benché nessuno dei due conosca la lingua dell'altro e questa non è che l'esternazione di un disagio interiore, non dimentichiamoci infatti che nemmeno Ghost Dog e il venditore francese di gelati di Jim Jarmush parlavano la stessa lingua, eppure...
Valerio Salvi
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