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Profondo rosso
Con un ottimo cast comprendente, tra gli altri, Gabriele Lavia e la Daria Nicolodi poi trasformatasi in vera e propria icona dell’orrore cinematografico nostrano, si rifà chiaramente al nome del gruppo rock Deep purple il titolo del quarto thriller diretto da Dario Argento che, guadagnatosi la nomina di degno erede di Alfred Hitchcock in seguito alla cosiddetta trilogia degli animali costituita da "L’uccello dalle piume di cristallo", "Il gatto a nove code" e "Quattro mosche di velluto grigio", vede il David Hemmings di "Blow-up" nei panni del pianista inglese Marcus Daly, il quale s’improvvisa detective dopo essere stato testimone involontario dell’omicidio di una sensitiva.
La miccia necessaria per dare il via a un teso intreccio che, splendidamente illuminato dalla fotografia di Luigi Kuveiller ed efficacemente accompagnato dalle inquietanti musiche per mano di Giorgio Gaslini e i Goblin di Claudio Simonetti, qui alla loro prima collaborazione con il futuro autore di "Suspiria", ha finito in breve tempo per trasformarsi in un vero e proprio classico della celluloide tricolore, nonché nel miglior italian thrilling in assoluto.
Merito anche dei non pochi stratagemmi escogitati già in fase di sceneggiatura dallo stesso Argento insieme al grande Bernardino Zapponi che, pur senza fare a meno degli ironici personaggi di contorno tipici dei lavori del regista romano (il commissario Calcabrini di Eros Pagni), non solo infarciscono la vicenda di continui rimandi al pauroso universo infantile, dalle bambole ai disegni naif, ma privano intelligentemente di logica diverse situazioni, al fine di ottenere lo spaventoso impatto emotivo.
D’altra parte, sono soprattutto i tutt’altro che credibili momenti come quello in cui il pupazzo ridente entra improvvisamente nella stanza di Glauco Mauri che hanno permesso al film di raggiungere lo status di più alta vetta artistica raggiunta dal Dario nazionale, tanto da riuscire ad influenzare gran parte del cinema horror a seguire e di essere più volte imitato, anche oltreoceano. Sarebbe sufficiente citare l’omicidio con acqua bollente di Giuliana Calandra, riproposto qualche anno dopo nel secondo "Halloween".
La frase: "Tu hai già ucciso e sento che ucciderai ancora".
Francesco Lomuscio
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