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Private
Vincitore del pardo d'oro all'ultimo Festival di Locarno, nonché di altri riconoscimenti internazionali, "Private" dell'esordiente Saverio Costanzo (figlio del noto conduttore Maurizio) è un film nuovo per il panorama del cinema italiano, sempre incentrato su vicende nostrane. La storia parte dalla prassi, ormai nota, dell'esercito israeliano di occupare le case dei palestinesi che si trovano sui territori della striscia di Gaza per farne le loro basi. Non potendone cacciare esplicitamente i proprietari per ragioni giuridiche (che paradosso!), succede che fra i soldati e le famiglie ivi residenti si vada ad avere una coabitazione forzata. Questo è infatti ciò che accade al colto professore di inglese Mohammad, marito di Mariam e padre di ben cinque figli, quando il comandante Ofer irrompe nella notte in casa sua assieme al suo seguito. Il clima è di guerra, non c'è spazio per comprensione e pietà, e le condizioni, come è logico che sia, vengono dettate dal più forte. Da quel momento in avanti gli unici locali accessibili alla famiglia di Mohammad saranno il salone e la cucina, mentre nelle restanti camere abiteranno i soldati. La vita, per il resto, potrà proseguire normalmente, si andrà al lavoro come a scuola, si farà la spesa e si potrà provvedere al giardino come se nulla fosse. La violenza non sarà fisica, ma "semplicemente" psicologica. A loro volta l'arma dei pacifici ex possessori dell'abitazione sarà il resistere stoicamente all'abuso. "Private" non è solo la parola inglese per dire soldato, ma anche il privato della vita di ogni persona. Privarci di ciò significa negare la nostra stessa esistenza.
Un soggetto forte ed interessante, che parte da fatti di cronaca ignorati dai media internazionali per darci uno spaccato di quanto la terribile situazione della gente di quei loghi vada ben al di là della triste e continua conta dei morti. Per cercare di oggettivare il tutto Costanzo decide per un piglio documentaristico girando tutto in digitale. I nostri occhi diventano quelli dei vari componenti della famiglia, ciò che loro non vedono noi non vediamo, mentre la casa diventa una sorta di Grande Fratello spinto all'eccesso. La ricerca di un certo "politically correct", affermato dallo stesso regista e intuibile nel finale da un paio di dialoghi fra i soldati israeliani e dal mutuato rapporto fra vittime e carnefici, si esaurisce nel momento stesso in cui è stato scelto il soggetto del film. Si tratta di una pellicola schierata che narra una storia più che plausibile; compito e monito per lo spettatore sarà quello di farne un punto di partenza, o l'ennesimo tassello, di un'analisi più approfondita della questione palestinese, e non un semplicistico modo per compilare le squadre dei buoni e dei cattivi.
Curiosità: in particolari spettacoli di alcune delle sale in cui uscirà "Private", il film sarà accompaganato da dei sottotitoli dedicati ai non udenti. Speriamo che l'apprezzabile iniziativa coinvolga in futuro anche altre pellicole.
La Frase: "Non siamo ancora sicuri che non torneranno... più sicuro restare nella casa prigione".
Andrea D'Addio
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