Il Pianeta delle scimmie (1968)

"Il Pianeta delle Scimmie" è stato forse uno dei più sfortunati film della storia del cinema: non per la lavorazione o per scelte di regia, di casting o anche per la trama, la sua sfortuna è stata quella di uscire praticamente insieme a "2001 Odissea nello Spazio" di Kubrick. E non mi sembra poco.
In confronto allo spessore, ma soprattutto alla fotografia ed agli effetti speciali di Douglas Trumbull, il film di Franklin J. Schaffner ("Papillon" / "I Ragazzi Venuti dal Brasile") ne è uscito sconfitto e ci sono voluti parecchi anni per rivalutarlo (unico oscar per il make-up a John Chambers).
Charlton Heston, abituato già a recitare a torso nudo sulle bighe di Ben Hur, precipita con la sua navicella, insieme ad altri tre compagni di sventura, su un pianeta ignoto.
I nostri scopriranno, nel modo più traumatico, che questo mondo è governato da scimmie evolute e che gli uomini sono i loro schiavi. Il colonnello Travis diventa qui il giocattolo di un popolo di scimmie una sorta di loro cavia, ma grazie alla dottoressa Zira (Kim Hunter) riuscirà ad affermare il suo ego e ad elevarsi al di sopra di semplice animale.
L'orgoglio indomito della razza umana, di cui Travis è il perfetto archetipo, lo porterà a scontrarsi contro l'elite del pianeta, guidata dal Dr. Zaius, un'elite ottusa e decisa a conservare i propri privilegi.
Il libro da cui è tratto il film prevedeva che il popolo delle scimmie fosse decisamente più evoluto degli umani, ma i costi da sostenere per le scenografie e quant'altro sarebbero stati troppo elevati per la produzione, che optò per una civiltà scimmiesca di stampo "medioevale".
Sul finale, di sicuro impatto, non voglio dire nulla, per non guastare la sorpresa.

La pellicola, più di altre ha pesantemente risentito del passare del tempo. La povertà delle scenografie unita ad una concezione nitzciana dell'uomo, decisamente fuori moda, ai dialoghi semplicistici ed alla fotografia scolastica fanno si che rivedendo oggi il film venga quasi da sorridere per l'impostazione. Resta comunque il fatto che al di là di questo la trama rimane valida e profonda: l'analisi dei rapporti uomo-animale e la sua inversione sono innovativi come anche la denuncia contro un potere inteso a soffocare ogni teoria che potrebbe minarne le basi (un comportamento simile all'inquisizione cattolica); inoltre traspare chiaramente il peso della guerra fredda e della minaccia nucleare che permeavano la fine degli anni sessanta.

A suo tempo comunque il successo, quanto meno commerciale, ha portato a vari sequel: "La Conquista del Pianeta delle Scimmie", "Fuga dal Pianeta delle Scimmie", "Sotto il Pianeta delle Scimmie", "Battaglia per il Pianeta delle Scimmie" e ad una serie di telefilm (Ritorno al Pianeta delle Scimmie". Ora è venuto il tempo per un remake.
Per chi volesse rivedere oggi il vecchio film consiglio la versione in DVD (Fox) in widescreen e con audio digitale 5.1, anche perché quella in cassetta non è di così facile reperibilità (salvo riedizioni).

Curiosità: il ruolo del Dr. Zaius sarebbe dovuto essere di Edward G. Robinson ("I Dieci Comandamenti") che aveva passato con successo anche il provino, ma considerando che soffriva di cuore e che avrebbe dovuto girare le scene passando parecchie ore nel pesantissimo costume, si preferì affidare la parte a Maurice Evans ("Rosemary's Baby").

L'errore: l'errore più noto del film è nel finale: quando Taylor si allontana e trova i resti della Statua della Libertà, il sole sta tramontando in mare. Peccato che il sole sorga dalla baia di New York e non ci tramonti.

Valerio Salvi

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