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Opium War
Siddiq Barmaq, dopo il premiato "Osama", presenta "Opium War", film dall'assunto intrigante e dalla messa in scena di tipo teatrale.
Un elicottero precipita in territorio afghano con due americani a bordo. Scorpion, un bambino che vive in un carro armato semi distrutto, li trova e comincia ad aiutarli a rimettersi in sesto. La sua famiglia, però, non è d'accordo e per i due soldati comincia una lotta per la sopravvivenza in mezzo al deserto.
"Opium War" è una commedia, strano a dirsi, molto "teatrale". Un'unica vera scena: il deserto; pochi personaggi, che si alternano sullo schermo senza mai sovrapporsi; e dialoghi sparsi, con molte pause silenziose tra l'uno e l'altro, e che si interrogano sulla vita e la morte. Qualche idea decisamente buona invece la troviamo nella regia vera e propria, come la sequenza in cui gli uomini afghani si travestono da donna o il campo di oppio coltivato dalla famiglia di Scorpion. Nel film di Siddiq, insomma, si crea effettivamente una singolare finzione scenica caratterizzata da una vena grottesca e auto ironica. Un approccio intelligente al cinema che ci ricorda non solo di quanto la guerra - ogni tipo di guerra - sia fondamentalmente senza senso, ma anche di come due culture così lontane siano in fondo molto simili. Basta solo, sembra suggerire il regista nelle ultime scene, trovare un linguaggio comune.
La frase: "Siamo gli stessi di millenni d'anni fa, solo che ora sappiamo come auto distruggerci".
Diego Altobelli
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