Titolo film: |
La donna che canta |
Opinioni presenti: |
12 |
Media Voto: |
9.5 -  |
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Attenzione: nei testi delle seguenti opinioni, potresti trovare parti rivelatorie del film.
Il parere di olga, 65 anni, perugia (PG)
un dramma spiazzante |
Voto 9 di 10  |
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Già dalla prima sequenza capisco che ho davanti qualcosa che reclamerà da me condivisione di un dolore. C’è un ragazzino di origine medio-orientale in una stanza insieme ad altri, dei militari li rapano a zero; poi la macchina inquadra un particolare dei talloni e un primo piano degli occhi del bimbo, tristissimi e interrogativi, che mi guardano fissi e in silenzio. Solo alla fine ho capito chi era il titolare di quello sguardo ferito: il vero protagonista “nascosto” del film. Nel frattempo Denis Villeneuve, il regista canadese interessante e già bravissimo dopo il primo lavoro (Polytechnique), svolge la sua narrazione su due percorsi paralleli di vita, con una durezza, linearità e tensione crescente che rende l’opera perfetta nel montaggio e nella concatenazione dei fatti. Sembra di essere alle prese con una tragedia greca, con una fortissima carica accusatoria nei confronti di ogni conflitto e in particolare verso quelli alimentati dal fanatismo religioso, per cui una croce appesa al collo può perderti o salvarti. Due eroine al centro della narrazione con visi intensi, non ordinari. Non si sa chi è la più bella, sono madre e figlia ed entrambe compiono un viaggio a ritroso, la madre nel suo passato, la figlia nei luoghi dove dovrà rintracciare un padre mai visto e un fratello altrettanto sconosciuto. La donna è arrivata in Canada dopo una vita segnata dalla guerra e dalle violenze subite ed arrecate e si è allontanata dalle pietre e dai monti del Libano portandosi dietro un segreto terribile. Ha due figli gemelli, un maschio e una femmina, e nella nuova patria lavora presso un notaio. Alla sua morte, provocata da un evento a cui non ha resistito, “la donna che canta” lascia due lettere ai figli chiedendo loro di ricercar il padre ancora vivo e un fratello di cui ignorano l’esistenza. La giovane Jeanne si reca perciò nei luoghi ove la madre è vissuta e ricostruisce prima da sola, poi con l’aiuto del gemello Simon, tutta la storia di violenze inaudite che hanno caratterizzato la vita della madre , vittima e protagonista della lacerante guerra civile tra cristiani arabi e musulmani che avevano dilaniato il suo paese. Il film adattamento di un testo teatrale, ha una tale forza e un così alto livello di struggente poesia che ne risulta un’opera originalissima. Il colpo di scena finale arriva con una escalation che conosce dramma, scelte difficilissime, ma anche momenti di dolcezza. Niente è superfluo nel racconto, né a livello di immagine né di parola. Lo spettatore diventa un coprotagonista perché le emozioni hanno lo stesso spessore della verità che viene alla luce. Solo la speranza di catarsi che si intravede nella conclusione spezza la lucida tensione del racconto. Tra gli interpreti le due donne Lubna Azabal e Mélissa Désormeaux-Poulin giocano la parte del leone e ribadiscono il rifiuto della guerra da sempre rigettata dall’universo femminile.
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Questa opinione è stata scritta da:
olga
65 anni
perugia (PG). |
(15 Febbraio 2011) |
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