E' questa la frase che eccheggia, frastornante e fintamente risolutrice, tra le quattro mura di casa Iacovoni in una delle scene finali del bel film di Virzì. Piange, ride, s'irretisce e si entusiasma Giancarlo, padre di Caterina, travolto in un vortice di follia e conformismo, insomma "un caos"di contraddizioni, dalle quali lui stesso nn sà come liberarsi. Freme per le sorti di sua figlia sperando che, prima o poi, possa godere di quei prvilegi di cui, lui stesso, non ha mai potuto vedere nemmeno l'ombra. Attonita, quasi inconsapevole, la povera Agata, moglie di Giancarlo, "ciondola"in una realtà della quale, suo malgrado (oppure no?!)non ha capito alcunchè, tra lapsus linguistici, culturali e cognitivi. E poi c'è lei, Caterina, dallo sguardo languido ed innocente (ancora per poco, purtroppo)desiderosa di un ruolo, di un'identità ("qui nella capitale, nessuna sembra accorgersi che esisto")in un mondo fatto di "poveri ma potenti diavoli", retaggio del tanto temuto Mefistofele, volti ad impadronirsi dell'anima dei "poveri e sproveduti diavoli"destinati a contare solo ed unicamente "sulle proprie forze". Da notare l'assenza scontata di angeli e santi perchè, chi in un modo ,chi nell'altro, sono (anzi, siamo!) tutti colpevoli, ivi compresa Caterina, rea di patire oltremodo il proprio senso d'inadeguatezza verso chi, con il ricatto pseudo-intelletualoide o con la forza dell'immeritata investitura politico-isituzionale, cerca di renderti schiavo, sostenitore inerme di principi che, ancestralmente, nessuno può definire giusti o sbagliati. Dei tanti baci che la neo adolescente Caterina riceve solo uno è realmente sincero:quello di Edward, spettatore involontario ma cosciente del microcosmo Iacovoni,unico e vero amico di un cucciolo che chiunque tenta di addomesticare malamente ma con scarsi risultati, forse perchè a fra le tante anime che circondano ipocritamente Caterina è l'unica che ha capito ciò di cui lei ha realmente bisogno...........!!!
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