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Dillinger è morto

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Media Voto: Media Voto: 10 (10/10)

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(10/10) Voto 10di 10

Hanno scritto tutto quelli (pochi) che mi hanno preceduto. Asettico, ordinario, qualunquista, disfattista, mi vengono in mente tutti questi aggettivi per definire quest'opera di Ferreri. Gli stessi poi che ho usato per "la grande abbuffata" qui però non c'e' l'autodistruzione della società borghese e perbenista del film con Tognazzi, ma c'e' la distruzione del quotidiano, della vita costruita con un bel lavoro, una moglie affascinante, una bella casa etc etc. Certo quelli erano gli anni del '68 della rivolta della contestazione del capovolgimento di molti valori, il messaggio per cui è molto forte e chiaro, ma in questi tempi grami la questione che solleva Ferreri nel film diventa ancora adesso una metafora della realtà. Nessuno ha notato il cenno di beffa di Piccoli verso il poster che inneggiava al futurismo? Ecco forse l'essenza del film si traduce in quello sberleffo ad un mondo che credeva ciecamente nel progresso, nella velocità e nei dis-valori, stracciato e buttato via dopo una terribile guerra e dalla voglia di libertà innata dell'essere umano. Senza tempo. Voto 10



Massimo, 39 anni, Treviso.




un film eccitante

(10/10) Voto 10di 10

Dillinger è morto: ecco un film che non mi stanco di rivedere perchè ancora intriso di un fascino sottile ed irresistibile. La vicenda, come ben sanno gli estimatori della pellicola autentico capolavoro di Marco Ferreri, è incentrata sulle azioni di un affermato ingegnere che progetta maschere antigas. Il protagonista, interpretato da un insuperabile Michel Piccoli, rientra a casa dopo una normale giornata lavorativa e qui ha inizio una serie di azioni assolutamente usuali che creano un crescendo quasi ipnotico. Infatti, ciò a cui assistiamo è il lento ed inesorabile ribaltamento dell'ordine costituito, dell'universo di riferimento esistenziale entro cui si trova il protagonista. Il suo prepararsi un pasto caldo in sostituzione della cena fredda già pronta, il suo rovistare fra vecchio giornali, rintracciare una pistola per poi dipingerla fino a farne un oggetto pop, il rivedere vecchi filmini tentando di recitare una piece di teatro mimo volta a sovrapporsi alle immagini sono tutti i passi di una autentica rivolta anarchica. Di più, l'ingegnere tenta anche di raggiungere e tornare ad una condizione di assoluto naturale dal momento che la moglie è a letto e dorme per una forte emicrania e quindi c'è anche modo di salire nella camera della donna di servizio (interpretata da una splendida Annie Girardot che incarna perfettamente la tentazione arrapante del fascino femminile) per concedersi un'ambita e soddisfacente avventura sessuale. Per concludere la sua lunga notte all'insegna della rivolta e fuga dalla normalità borghese, l'ingegnere non trova di meglio che uccidere la moglie dormiente con la rivoltella verniciata a pois bianchi e rossi per poi intraprendere un viaggio verso le mitiche isole del sole in veste di cuoco a bordo di una imbarcazione di proprietà di una bella e giovane signora. Con questo richiamo ad una scelta esistenziale romantica (vedi Gaugin) si chiude un film che ancora oggi si mantiene fresco e dirompente proprio per lo stile asciutto ed essenziale tanto da espimere con un dialogo scarno (sembra quasi un film muto) tutti i concetti portanti della rivolta antisistema tipica della fine degli anni '60. Se si vuole gustare al meglio la carica dirompente, a tratti erotica, della pellicola di Ferreri consiglio di vederlo tranquillamente sprofondati in poltrona in una calda serata dopo cena. Veramente 95 minuti di celestiale visione e autentico sollucchero.



Filippo confaloni, 48 anni, Milano (MI).




Gli anni 60, ancora i migliori

(9/10) Voto 9di 10

Ancora una conferma su quanto il cinema degli anno 60/70 sia uno dei più all'avanguardia. Una semplice sceneggiatura (scritta in una settimana), un attore strabiliante come Piccoli (e la Girardot..magnifica!), una colonna sonora che ritma, sorregge, riempie, danza insieme al protagonista in questa lunga notte di analisi e scelte. Il film si può leggere a vari livelli, è ricco di simboli, alcuni lapalissiani (la maschera che lui sta progettando; l'esperimento di un uomo che vive tra quattro pareti con una maschera;), altri meno (la pistola colorata a pois, quasi a renderla un oggetto ludico, esorcizzandola; il rifiuto della cena fredda e triste e l'intenzione di preparasene una di suo gusto, primo atto di una ribellione più grande ma vissuta con una pacatezza irreale). Alcuni critici parlano di una volontà di distaccarsi dall'elemento femminile (infatti i due approcci con le due donne sono vissuti con grande passività), e in effetti può essere un 'ipotesi: anche la scena del toro che muore o di Fausto Coppi in televisione sembrano sottolinearla, ma il finale, con il veliero fiabesco di proprietà della fanciulla, che salpa per un esotico futuro,sembra indicare l'impossibilità di questa separazione maschile/femminile. Ferreri si serve di tutto l'intorno per evocare l'orrore quotidiano, gli arredi, i colori forti,i filmini, il cibo (il budino che Glauco fa vibrare sembra un oggetto finto), lo stesso mestiere del protagonista. E così come il quotidiano ci annulla, ci uccide poco a poco, così questa notte sembra dilatata, ogni gesto è esasperato, ogni azione raggiunge la nausea, fino all' atto finale, il finto suicidio e l'omicidio. Da notare un altro film che parte dalle stesse premesse, ma evolve in modo del tutto diverso: Un giorno di ordinaria follia, con Michale Duglas, dove l'intento è il medesimo ma l'estrinsecazione è men che deludente.



Manuela, 28 anni, Napoli (NA).




Dillinger é morto, Ferreri é vivo

(10/10) Voto 10di 10

Forse il capolavoro assoluto di Marco Ferreri. Forse anche migliore del più acclamato "La Grande Abbuffata". Michel Piccoli, icona del cinema d'autore europeo, è l'allucinato protagonista di questa "storia di ordinaria follia". Un film quasi astratto, caso raro nella storia del cinema, un film di una piattezza esorbitante come la vita di ogni dì. Ed é proprio ciò che fa la sua grandezza. Ferreri, rischiando di annoiare, indugia su particolari che in un film normale verrebbero glissati, riprende la monotonia dello scandire del tempo, mentre il suo protagonista Glauco precipita consapevole verso la follia. Una critica durissima, serrata, della vita dell'uomo borghese all'epoca del capitalismo. Gli Anni Sessanta freddi e disumani di Ferreri, ferocemente da lui criticati, si sono oggi trasformati in qualcosa di abominevole: la nostra contemporaneiità da post-'68. Un film profetico.



Stefano, 23 anni, Torino (TO).




L' uomo è morto (?)

(10/10) Voto 10di 10

In che modo trascorre il tempo l’ uomo comune ,nell’ arco di una giornata lo sanno tutti,ma mostrare questo qualcosa (?) in tempo reale per novanta minuti al cinema non l’ aveva ancora fatto nessuno.Tramite le azioni di un un uomo si può afferrare il nucleo di un’ intera società,e un intero periodo storico (gli anni 60’)?Si.Gesti che si ripetono quotidianamente,ossessivamente,senza una logica,se non quella del tirare avanti afferrandosi su azioni che talvolta possono sembrarci alternative,particolari (addirittura divertenti?),ma che non sono altro che il frutto di un unione di esseri viventi che s' illudono (forse).Mai come in questa circostanza il cinema ha mostrato l' "essere" dell' essere umano.L' uomo è visto come oggetto di una società che sta andando alla deriva,e che ha perso i veri valori della vita (se mai li abbia avuti).Era l' anno 1969 quando il film fu distribuito nelle sale.Un anno in cui spopolavano i movimenti di contestazione ideologica e studentesca.Il modo di vivere stava cambiando?No,perchè l' uomo sarà in futuro quello che è già stato in passato.L' ingegnere di "Dillinger è morto" è la rappresentazione più vera e dura dell' uomo in generale.La (non) trama del film è molto più innovativa di quanto si possa pensare in un primo momento.Un film sperimentale:già il solo fatto di realizzare una pellicola quasi muta in tempi dove spopolava il sonoro,e dove le (vuote) parole ingannavano,illudevanono,rappresentava una situazione quasi sfacciata.Uno sberleffo alle inutili chiacchiere quindi.Per non parlare del fatto che il protagonista (un Michel Piccoli assolutamente perfetto) per 3/4 del film appare in ogni singola inquadratura da solo.Il susseguirsi di azioni di (senza) senso quasi "necessario" portano alla frustrazione.Sono le nostre giornate:un continuo girotondo di movimenti simili (o identici).Cosa fa l' ingegnere del film (e quindi,come si comporta l' uomo)? Torna da lavoro,cucina,proietta alcuni filmini,fa giochi erotici con la cameriera,e... Per tutta la durata del film la macchina da presa pedina ossessivamente M.Piccoli,ed ogni sua minima azione.Ma lui non reagisce a questo continuo movimento:è la rassegnazione di (dell') un uomo ad (all') un occhio indiscreto che non lascia intimità (e libertà).Il finale (irreale e sorprendentemente bello):il protagonista già in precedenza aveva trovato (avvolta in una carta di un vecchio giornale che parla della morte del gangster Dillinger...da qui il titolo del film) una vecchia pistola , (dopo averla dipinta e aver mimato il suicidio) uccide la moglie dormiente,e si imbarca come cuoco su uno yacht diretto a Tahiti.Questo assurdo finale simboleggia la fuga impossibile,dalla vita di tutti i giorni,da questo mondo che ci opprime,che ognuno di noi (almeno una volta) sogna.Ma lo stesso finale,essendo un sogno utopico,non cancella il totale pessimismo che permea l' intera opera (e le azioni del protagonista).Solo un regista controcorrente e geniale come Marco Ferreri poteva sfornare questo viaggio nel cuore dell' alienazione,tanto coraggioso quanto incredibilmente efficace.Un film ancora troppo poco conosciuto,e da recuperare (riscoprire) assolutamente.Oltre ad essere il capolavoro assoluto di Ferreri,"Dillinger è morto" è anche uno dei film più grandi della storia del cinema italiano (e mondiale).E lo schermo si tinge di rosso...



Diego, 18 anni, Napoli.





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