Sarò brevissimo perchè condivido al 100% la recensione "ufficiale".
Aggiungo solo che a molti è piaciuta la scena del ballo. Anche a me. ma è almeno la terza volta che Brtolucci gira questa scena.
Prima in "Io ballo da sola" poi in "the drimers".... abbiamo capito: ti piace e ti riesce.
A 9 anni da “The Dreamers” il maestro Bertolucci si ripresenta finalmente in sala adattando il romanzo “Io e Te” di Niccolò Ammaniti.
Il regista parmense torna sul tema a lui più caro, la solitudine. Questa volta però lo fa esplorando il mondo del disagio adolescenziale e giovanile, impersonato dai volti freschi di Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco, entrambi favolosi e credo destinati ad una rosea carriera nel mondo del cinema.
Lorenzo è un ragazzino estremamente introverso, solitario, schivo, che vive in un mondo suo, avulso da qualsiasi rapporto interpersonale. Non riesce a rapportarsi con la madre, che detesta ma allo stesso tempo sembra esserne attratto da una sorta di complesso di Edipo.
Un giorno decide di disertare la settimana bianca e fuggire dalla vita rintanandosi nella vecchia cantina insieme solo a se stesso e alla sua musica. Chiuso a chiave, come un armadillo nella sua gabbia.
I suoi piani vengono scombinati dall'irruzione di Olivia, la sorellastra che non vedeva da anni, tossicodipendente e carica di problemi, che decide di nascondersi insieme a lui dietro quelle quattro mura per scappare dall'eroina.
Quattro mura che tornano a giocare un ruolo da protagonista nel percorso di Bertolucci. Questa volta non cingono un vuoto appartamento parigino o una casa lasciata libera dai genitori durante i moti del '68, ma isolano dal resto del mondo l'angusta, impolverata cantina che funge da incubatrice per i due fratellastri, proteggendoli durante il loro percorso di rinascita, che li vede liberarsi dei propri demoni grazie a quell'amore fraterno che sbocciando li fa sentire, forse per la prima volta, meno soli. Amore che dà loro la forza di uscire da quella prigione e, come formiche liberate dalla propria boccia di vetro, riaffacciarsi alla vita.
A quella vita che lo stesso Bertolucci ha deciso di tornare, dopo aver accettato il suo demone, la malattia.
E forse è proprio seguendo il proprio esempio personale che il pluripremiato regista decide di cambiare il finale di Ammaniti, regalando a Lorenzo e Olivia una speranza, un sorriso, un abbraccio alle prime luci dell'alba.
Concludendo, probabilmente il film non sarà tra i suoi capolavori ma il maestro, dalla sua sedia, riesce ad andare veramente a fondo, nell'intimo dei due protagonisti, dentro quella cantina così evocativa e dettagliatamente perfetta, come tutto il lavoro di fotografia.
E poi c'è quella sequenza che da sola vale il prezzo del biglietto. Quel ballo così genuino, così spontaneo, anche un po' maldestro, come le stesse parole di un Bowie in versione italiana che sembra cantare la colonna sonora delle vite di Lorenzo e Olivia, un ragazzo solo e una ragazza sola.
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