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Sister

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Media Voto: Media Voto: 8.5 (8.5/10)

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un bel film fatto di sguardi e reticenze

(9/10) Voto 9di 10

Questa volta l’attenzione della regista si concentra sulla zona un po’ squallida di quel paese, in questo caso quella bassa, abitata da proletari, da cui si sale verso i campi da sci del turismo ricco e sazio, i cui protagonisti si spostano poi dalle piste innevate ai confortevoli e bene arredati chalet in legno. Ma c’è anche chi, poverissimo e solo in un deserto di affetti, sale su quella teleferica per andare a rubare proprio ai ricchi le loro attrezzature sciistiche e persino i panini dagli zainetti dei più piccoli. Con abilità e senza porsi alcuna domanda etica, il ladro quasi bambino riparte alla fine della giornata di ruberie verso il suo squallido abitato. La casa popolare in cui abita la condivide con una sorella molto più grande di lui; una cantina sottostante è piena della mercanzia trafugata e da lì il dodicenne si muove per smerciare ad altri del quartiere o ai passanti il frutto del suo “lavoro”. Freddo e attento nei suoi traffici, è solo teso ad assicurare a se stesso e alla “sister” la sopravvivenza. La sua vita perciò non è altro che quel triste andirivieni tra il basso della sua condizione e l’alto degli altri, quelli che deruba. La sorella intanto si intrattiene con qualche amante occasionale o si prostituisce, cercando tristemente, senza osare sognarlo, un affetto diverso. I due diseredati si puntellano a vicenda fino a un certo punto della narrazione. Poi la rivelazione che rimescola i giochi, li fa ancora più dolenti ma sempre scevri da retoriche consolatorie. La macchina da presa che fino a quel momento pedinava i protagonisti si fa meno mobile, ma più attenta ad illuminare i contorni di un quadro esistenziale più cupo e senza speranze, se non fosse per l’ultima scena, bellissima. In essa i due personaggi principali, il ragazzino Simon e la sorella Louise si sorridono e si salutano incrociandosi mentre una sale e l’altro discende dalla montagna su due teleferiche. Tale sequenza è l’unico spiraglio a cui appigliarsi per non disperare. Non sarebbe corretto chiudere questo scritto su uno dei film più belli di quest’anno, avaro di frutti, senza accennare al terzo personaggio di rilievo del racconto: il paesaggio. Esso appare innevato, casto, brillante in alto, punteggiato come è dai colori in movimento degli sciatori; si presenta invece di un marrone amorfo, fatto di neve stropicciata e terriccio, in basso dove si somma al grigio dell’asfalto e delle fabbriche e ai muri scrostati degli intonaci color ocra. Il tutto colto con una raffinatezza di sfumature e una fotografia da gustare, legata a un dialogo senza sbavature, di rara efficacia perché uno sguardo pesa più di cento parole. Già un fuoriclasse il piccolo Simon (Kacey Mottet Klein) affiancato dalla nuova musa del cinema francese Léa Seydoux, vista di recente nell’ultimo film di Woody Allen. Concludendo, direi che lo spessore di quest’opera è tale da costringerti a guardare attorno e dentro in maniera commossa e con un desiderio di giustizia che diventa quasi ansioso.



olga di comite, 66 anni, perugia (PG).




Da non perdere

(10/10) Voto 10di 10

Da non perdere questo film che tratta del legame e dell'amore fra due persone che lottano solamente per sopravvivere.



Odocarlo, 54 anni, Castiglione dei Pepoli.




Bel modo di raccontare una storia

(7/10) Voto 7di 10

Una parte della francia che non avevo mai visto, bravissimi attori sopratutto il ragazzino si attegia e usa movenze perfette, da ottimo ladruncolo. Bel film perche si parla davvero di un bel argomento senza scendee troppo su drammatico, e il regista è stato a bravo a nn mettere le scene troppo lente, si affrontano dei silenzi quasi imabarazzanti e motlo riflessivi, per lo spettatore. Consiglio di vederlo, non è un filmone ma, ha il suo perchè. Buona visione a tutti



Marco Flavio, 26 anni, Palermo (PA).





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