C'è poco da aggiungere , gran bel film .
Mi è subito piaciuto , la trama interessante , come ha detto il regista , il filo narrativo lascia aperte tutte le ipotesi per spiegare l'attentato , allo spettatore il compito di farsi la sua idea .
Molto abile nell'inscenare affreschi storici attraverso vite private di uomini "qualunque", Giordana si confronta ancora con un evento nazionale di portata storica, una tragedia di stato e di popolo che ha intrecciato inestricabilmente e diabolicamente matasse non ancora dipanate.
Tralasciando qualsiasi giudizio sulla proposta di ricostruzione (perché di questo si tratta), Giordana indubbiamente affronta un tema difficile e complesso e alla fine ci consegna più che un romanzo di una strage un vero romanzo di vittime.
Volti e personaggi, infatti, sono tutti vittime e carnefici di un sistema al limite dell'implosione e il regista ne sfiora i volti, le voci, ci restituisce una interpretazione insieme personale ma anche puntigliosa, mai superficiale, dei protagonisti di questa storia, grazie anche al contributo attori di ottima caratura (su tutti Favino, onnipresente quanto sempre all'altezza) che ci rendono tangibili quei volti e quei morti.
La sceneggiatura procede serratissima, quasi senza tregua, mostrando, esponendo, accennando, lungo una serie di capitoli che annodano fili in maniera per quanto possibile chiara e lineare.
La messa in scena è sobria, controllata, priva di sbavature e di troppe ingenuità e il film risulta alla fine un buon tentativo di narrazione di quello che era e che resta ancora un mistero. Siamo di fronte, al di là di qualsiasi considerazione storica o morale, ad un "giallo" di buon livello, che fa riflettere più che divertire, tarsporta più che intrattenere, sussurra più che sconvolgere e gridare.
Un film che ti tiene incollato allo schermo,per uno come me che non conosceve la storia,propio per vedere gli sviluppi.
Un film da proiettare nelle scuole perchè nei libri di storia purtroppo
non abbiamo mai letto cose del genere visto che i programmi scolastici si fermano a poco dopo la fine della seconda guerra mondiale nella maggior parte dei casi.
Il film narra della strage di Piazza Fontana a Milano che nel 1969, con la morte di 17 persone, diede il via alla cosiddetta strategia della tensione, una forma di governo occulto che utilizzava il terrorismo di destra e di sinistra ma anche anarchico, per destabilizzare i tentativi di un cambiamento politico e culturale, prefigurati dall’ascesa del partito del partito comunista italiano che in quegli anni si andava affermando come la forza politica capace di insidiare lo strapotere della democrazia cristiana. Il film è soprattuto una contrapposizione di uomini ed organizzazioni, di istituzioni che non esistono più (tra questi il SID:servizio segreto militare)di movimenti come quello anarchico che hanno ormai perduto la loro forza aggregativa, oppure di gruppi clandestini armati come quello facente capo al generale Valerio borghese, e poi ancora di figure come Valpreda, Ventura, Stefano delle Chiaie, Guido Giannettini e tanti altri che solo a pronunciarne il nome riaprono antiche ferite.
Il titolo fa riferimento ad un articolo di Pier Paolo Pasolini che nel denunciare i mandanti delle stragi definisce le loro versioni dei fatti come un "romanzo". A distanza di tempo ed alla luce di questo film aveva ragione.