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L'anno mille

Opinioni presenti: 60
Media Voto: Media Voto: 8 (8/10)

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Contaminatio sapiente

(10/10) Voto 10di 10

Sono rimasto favorevolmente impressionato dalla capacità dell’autore di mescolare in modo straordinariamente equilibrato generi letterari vicini ma certo non sovrapponibili: dalla favolistica del mondo antico alla fiaba letteraria, dal racconto orale alla mitologia moderna sino alla tradizione della leggenda. Se sul piano del linguaggio sembra prevalere senz’altro la struttura del racconto orale, come già sottolineato in altri commenti di questo forum, sotto il profilo dei contenuti mi sembra prevalgano i riferimenti alla favolistica e alla leggenda. Nel mondo antico la favola era uno strumento di rappresentazione della realtà utilizzato in genere per esprimere un giudizio dolente sui difetti morali degli uomini (arroganza, furbizia,prepotenza, ecc.). La leggenda invece si caratterizza per l’ambizione a disvelare una verità celata nella realtà visibile. La favola descrive il mondo, la leggenda lo interpreta. Nella favola domina l’impegno morale e civile, nella leggenda prevale la prospettiva ermeneutica. Febbraro mostra di conoscere bene questi strumenti e di saperli utilizzare per costruire un film caratterizzato da una forte tensione civile senza per questo rinunciare all’ambizione di interpretare la realtà in modo più analitico sino a scrutare le radici più profonde del comportamento umano. Così se la figura del primario è utilizzata per descrivere, favolisticamente, i mali della società moderna, il personaggio di Hermugnen introduce all’immaginario leggendario. Il suo sforzo titanico contro il male e la sua fedeltà alla principessa sono in realtà dettati dall’impegno a preservare valori arcaici che, come già espresso nel forum, scaturiscono da un lontano passato primigenio. Febbraro riesce così a trascinare lo spettatore in una storia complessa che si dipana progressivamente sino all’esito finale che non è la vittoria del bene contro il male ma l’impossibilità della società moderna a sganciarsi da un nucleo di valori che per quanto arcaici rimangono comunque fondanti. Complimenti all’autore per il coraggio dimostrato nel proporre temi tanto complessi e per la capacità di rappresentarli in modo così convincente.



Numa, 43 anni, Rieti (RI).




La suggestione del racconto

(9/10) Voto 9di 10

Il film di Febbraro può a buon diritto essere inserito nella tradizione del racconto antico, tradizione che purtroppo si va estinguendo perché sono venute meno le condizioni di tempo e di spazio che lo avevano generato. In particolare si è radicalmente modificato il rapporto tra adulti (le fonti del racconto) e bambini (i fruitori per eccellenza del racconto): oggi i genitori trascorrono poco tempo con i figli, i nonni vivono in luoghi diversi di quelli dei nipoti, i ritmi di vita permettono rare pause, è scomparso il focolare che era il luogo dove per magia nasceva il racconto. Per queste ragioni ormai la tradizione del racconto orale può trovare nuovi stimoli solo grazie a film come questo. E grazie ad autori come Febbraro che rifuggono dai trucchi multicolor per assecondare invece una capacità di suggestione fatta di gesti, pause, espressioni oltreché di parole.



Lorenzo, 43 anni, Biella (BI).




Grandissimo film

(10/10) Voto 10di 10

Condivido in parte le considerazioni di Sergio sul livello recitativo, certo non eccelso, dei protagonisti. A maggior ragione il film mi pare apprezzabile e, da certi punti di vista, persino miracoloso. Nonostante l’interpretazione affatto “sublime” degli attori, l’autore riesce a costruire un film dai contenuti profondi e difficili da trattare. Come peraltro già evidenziato da altri in questo forum il tema del rapporto tra bene e male viene presentato da diverse angolazioni, tutte assolutamente interessanti: dal paradigma ancestrale al rapporto razionalità-sentimento, dalla natura perversa del male alla sua definizione secondo un codice morale alto medievale. Pure intrigante mi sembra il concetto del tempo, illustrato a mezzo delle sdoppiamento temporale della storia, tema che francamente non avevo colto in tutte le sue implicazioni e per il quale rimando ai primi commenti di questi forum. Il tutto narrato con gli strumenti suggestivi della migliore tradizione del racconto orale. Ne esce un grandissimo film che proprio per le difficoltà incontrate, e tra queste c’è senz’altro l’immaturità degli attori, merita il massimo dei voti.



Giacomo, 42 anni, Altamura (BA).




film di altri tempi ...

(10/10) Voto 10di 10

... quando il cinema era fatto di idee, passione e capacità artistiche e l'invasione del digitale era di la da venire. Fa piacere che ci sia ancora qualcuno capace di fare cinema vero. Febbraro riesce a coniugare la tecnica classica con una sensibilità moderna costruendo una storia affascinante ed una rappresentazione veramente intrigante. Un film assolutamente consigliabile.



Zaccaria, 42 anni, Roma (RM).




Dionisiaco e Apollineo

(10/10) Voto 10di 10

A proposito della tematica bene-male, così ottimamente descritta nel commento di Saverio, mi permetto di aggiungere un’ulteriore riflessione. Mi sembra che, sotto questo profilo, l’autore intenda proporre un’interpretazione originale degli elementi dell’arte greca in generale e della tragedia in particolare, così come essi sono stati identificati e sviluppati da Nietzsche. Mi spiego meglio. Al centro del film Febbraro pone l’eterno dualismo tra bene e male, tra limite ed assoluto, tra apollineo e dionisiaco. Nell’interpretazione nietzschiana dell’arte greca, la componente apollinea, che costituiva la base teorica delle arti figurative del periodo classico, si esprime con l’armonia delle forme, l’equilibrio, la compostezza. In altri termini con l’ordine razionale delle cose. Tale tendenza poteva essere definita apollinea in omaggio ad Apollo, la divinità solare dei greci. Al contrario la componente dionisiaca era rappresentata dalla spinta irrazionale, dal caos, dal tentativo dell’uomo di rompere i limiti dell’ordine per raggiungere l’assoluto, per identificarsi pienamente con la natura alla quale appartiene. Questa tendenza non poteva che essere definita dionisiaca in omaggio al dio delle feste orgiastiche e dei riti misterici. L’aspetto più interessante dell’interpretazione nietzschiana sta nel fatto che le due componenti dell’arte greca in realtà costituiscono i due poli di un rapporto conflittuale ma dialettico, che trova infine una sintesi ultima. L’apollineo nel momento stesso in cui stabilisce le regole dell’ordine ammette la sua limitatezza e genera quelle pulsioni umane che tendono ad andare oltre i limiti. E’ l’apollineo che rende possibile il dionisiaco. D’altronde analogamente, ma con un processo inverso, il dionisiaco si conclude nell’apollineo ed infine vi si concilia. Infatti solo attraverso una spinta irrazionale l’Uomo può andare oltre i suoi limiti oggettivi per entrare nell’assoluto dove tutto si quieta, trova una spiegazione e viene collocato in un ordine razionale. E’ solo attraverso il dionisiaco quindi che si può recuperare l’apollineo. Tuttavia nella tradizione letteraria la composizione finale tra apollineo e dionisiaco scompare mentre emerge l’identificazione rispettivamente dell’apollineo con il bene e del dionisiaco con il male. Nel film di Febbraro invece, e qui sta l’originalità dell’autore, l’elemento dionisiaco si identifica con il sentimento puro, che anima Hermugnen nella sua battaglia titanica, mentre l’elemento apollineo è rappresentato dall’intelligenza perfida dell’alchimista (nella parte medievale) e del primario (nella parte moderna del film). Il sentimento come bene ed il raziocinio come male. Proprio questa caratterizzazione marcata e ribaltata delle due componenti, che esclude la ricomposizione finale, costituisce il tema dominante del film, certamente discutibile ma indubbiamente originale oltrechè coraggiosa.



Pierluigi, 42 anni, Avellino (AV).





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