pregherei chi dice che il film è lento di guardarsi i vari pirati dei caraibi o i film di scamarcio.ma torniamo a noi. già con 21 grammi il regista messicano Aleandro Gonzalez Inarritu ci aveva imbarazzato con la sua bravura, adesso con Babel, secondo me, ha fatto il salto nell'olimpo dei grandi registi che passeranno alla storia.a parte le star hollywoodiane il film scorre sul suo impianto ben costruito ed arriva alla fine con una scorrevolezza disarmante.Inarritu ha saputo anche trattare gli arabi col giusto approccio verso un popolo, il marocchino, da sempre su posizioni direi molto laiche rispetto agli altri stati arabi.
ormai Aleandro Gonzalez Inarritu è un marchio di garanzia.bravi tutti. 10 e lode
Ha conteso l'oscar a the departed, ma doveva batterlo di gran lunga.
per ogni situazione c'è una causa ed un effetto, magari non immediato:
così un bel regalo (un fucile), diventa fonte di guadagno, il gioco (o la sfida) diventa un ferimento, quest'ultimo causa la morte di un bimbo innocente, ed il senso di colpa nel bambino che aveva sparato per gioco.
il ferimento della donna causa altri guai, ed è un'enorme torre di babele che scorre tra la vita dei protagonisti:
vite accostate dalla tragedia e dal dolore:
dai ricchi americani, alla vita semplice e pastorale dei marocchini, dalla clandestina messicana al suo nipote messicano che odia i gringos americani, dal padre alla figlia sordomuta uniti nel dolore della pedita della madre.
il mondo dei sordomuti fatto di suoni e luci, di gesti e di incomprensioni, di emarginazione a causa del loro problema, ed il voler cercare di essere uguali agli altri attraverso la sessualità.
il mondo dei marocchini che vivono in posto povero ed aspro lontano da quello che noi consideriamo civiltà.
il mondo dei messicani costretti a fare i conti continuamente con l'emigrazione e la clandestinità.
dimentico molto ma questo film merita di essere visto tantissime volte prima di capire ogni situazione, ed in ogni caso i particolari sfuggirebbero al nostro occhio non sempre attento.
a chi ha dato un voto basso a questa opera dico solo di non andare a vedere film del genere, limitatevi a boldi, de sica, oppure a qualche insignificante sparatutto.
per chi ha parlato di questo film come tentavivo di imitazione di magnolia (che è un pure capolavoro), ricordo che prima di questo inarritu aveva già fatto in contemporanea amores perros che è un altro capolavoro.
semmai colpisce questa tragicità di questo regista che passa da amores perros a 21 grammi, ed infine a babel.
in questa ultima opera però si intravede un filo di velata speranza per quasi tutti i protagonisti.
merita un 10 secco perche' e' un capolavoro.
Babel è per me il miglior film del 2006, e non c'è storia. Ben scritto, ben congegnato, benissimo recitato (Brad Pitt è intenso come poche volte gli è capitato di essere, Cate Blanchett e Gael Garcia Bernal sono invece due graditissime conferme). La lunghezza non si avverte minimamente, il tempo vola al cinema. La regia di Alejandro Gonzales Inarritu è, come sempre, puntuale e precisa, attenta a non far scadere il film nel patetico e a non far perdere il filo logico (rischio decisamente concreto nelle sue trame). Ho apprezzato tantissimo anche il gusto per la "bella inquadratura", come ad esempio quella della tata messicana come macchia rossa nel deserto dopo il drammatico ingresso all'interno dei confini americani. Da vedere, perchè le lingue che vengono usate nel film (almeno 4, più il linguaggio dei sordi utilizzato dalla ragazza giapponese) non sanno esprimere abbastanza riguardo al rapporto tra popoli, etnie, culture e ceti sociali differenti. E spesso, come dimostra l'episodio marocchino del film, c'è più vicinanza nel dolore tra persone lontane geograficamente (Brad Pitt e gli abitanti del villaggio dove la moglie viene ricoverata) piuttosto che non i propri simili, chiusi nel loro gretto e piccolo egoismo.
Ben scritto, ben recitato. Regia ottima con tocchi da maestro. E' intensissimo l'impatto con questa Babele che parla diverse lingue ma vive lo stesso dramma corale (perchè il tragico è sempre e solo uguale a sè stesso, pur nella varietà delle sue forme). E il crollo della torre non è scontato. A dire il vero più che un crollo mi è sembrata una rarefazione: il tessuto delle vicende si dismaglia e si allargano buchi di nulla (il deserto, la morte, la cacciata dal Paese d'adozione, il continuare di una vita e forse di una nevrosi).
pagina 2 di 22
(7.5/10)
