Grbavica di Jasmila Zbanic, film bosniaco (anche se i partner di produzione riuniscono le fazioni dell’ex-Jugoslavia in pace includendo Austria e Germania), che ho scelto di vedere perché nella nazione più spietatamente femminista dell’Unione Europea, incredibile a dirsi, è su 24 film in competizione è uno dei due titoli in Concorso realizzati da una donna. Girato in una Sarajevo invernale, fredda e lontana dai suoi personaggi, i quali occupano uno spazio tutto interiore, giocato tra i traumi di guerra ed un futuro, che non sa aspettare nè perdonare i conti lasciati in sospeso.
Mirjana Karanovic, è meravigliosa nel ruolo di Esma, la madre sola, che non trova il coraggio di dire alla figlia adolescente chi è veramente suo padre, lasciandole credere che è morto da eroe durante la guerra. La realtà invece nasconde il segreto e la vergogna che Esma condivide con altri 20 mila donne violentate durante il conflitto nei Balcani, una storia dolorosa e rimasta nell’ombra, i cui colpevoli non sono mai stati portati di fronte ad una corte. Gli stupri etnici: un soggetto forte, toccante e politicamente importante, che ha causato commozione tra il pubblico e il cast sul palco del Berlinale Palast, ed ha fatto versare lacrime persino alla solita presentatrice di bell’aspetto…peccato però che non sia il tema su cui il film veramente si regge.
Grbavica è bello, ma incompleto, tipico film da festival, drammatico, toccante, strappalacrime, incentrato più sulla relazione madre-figlia (tema universale e ben trattato) che sul tema “importante” dello stupro etnico, soggetto che rimane perlopiù un motivo di sottofondo, e, nonostante la bravura della protagonista e della giovane attrice che interpreta la figlia, pervade il film ma non ne determina la tensione narrativa.
Inoltre, sembra che la regista (si spera per scelta e non per negligenza) abbia voluto lasciare tutte le linee narrative, tutti i conflitti del film, misteriosamente irrisolti, scegliendo spesso di usare immagini scontate (ben due scene con la moschea che fa da sfondo ad incontri “fuori porta” che sembrano non avere altro motivo di essere se non quello di voler mostrare la moschea in questione), ed un finale debole e scontato (se si fa riferimento ai tanti film dell’area Balcanica, a cominciare da quelli di Kusturika)...comunque bello, Grbavica merita di essere visto.
A volte si crede di sapere le cose, poi basta rivedere una storia come questa con quel sottile e delicato rapporto tra le due donne per lasciare un segno di sofferenza indelebile nel cuore, e ti riporta alla cruda realtà.
Attraverso la descrizione della vita quotidiana in una Sarajevo distrutta dalla guerra, l'autore del film tenta di svelarci i drammi che abitano i cuori delle tante donne sopravvissute ai loro mariti. Ma il dramma vero è quello che si nasconde dietro il volto di una madre restia a rispondere alle domande della figlia. Apprezzo tantissimo l'opera del regista perché aiuta lo spettatore ad andare oltre la superficie e a rispettare dietro i volti di chi ci sta di fronte la sofferenza che si nasconde. Un film tutt'altro che banale ci svela la fatica di ripartire là dove la violenza ha interrotto i sogni di tante persone, ma la speranza che si cela nei gesti più semplici permette di scorgere un nuovo orizzonte. Il saluto finale della madre alla figlia diventa la possibilità di una nuova vita che sta iniziando.
Ho trovato questo film pieno di contenuti, molto intenso e perciò molto bello.
Fa riflettere su come dentro ognuno di noi, all'apparenza "normale", possa celarsi un grande dolore.