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In My Country

Opinioni presenti: 18
Media Voto: Media Voto: 6.5 (6.5/10)

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Apartheid

(6/10) Voto 6di 10

Un bel film che tratta il tema, difficile, dell'apartheid. con un samuel l. jackson come sempre bravissimo e una juliette binoche fantastica.



Camilla, 27 anni, Bari (BA).




La forza del perdono

(7/10) Voto 7di 10

Alla Fiera del Libro, attualmente in corso a Torino, e' stato presentato un libro, "Lettera a un kamikaze", in cui l'autore, Khaled Fouad Allam, sociologo di origine islamica, confuta l'idea che a violenza debba rispondere violenza; in realta' e' necessario ripartire da una base diversa, se si vuole un mondo diverso, e praticare l'unica arma che puo' spezzare l'odio, il perdono. E' quanto Nelson Mandela, divenuto, dopo anni di segregazione, presidente del Sudafrica, ha messo in atto negli anni '90, costituendo, per i crimini dell'apartheid, la "Commissione per la Verita' e la Riconciliazione", non un colpo di spugna sulle colpe dei bianchi, ma una base fondativa per un nuovo, diverso modo di conciliare le due anime del paese, la bianca e la nera. Siamo in Sudafrica, 1995. Langston Whitfield (Samuel L. Jackson) e' un inviato afro-americano del Washington Post, arrivato nel continente africano per assistere alle udienze pubbliche della commissione; Anna Malan (Juliette Binoche) e' una poetessa, giornalista locale di razza bianca, una rappresentante della comunita' afrikaans sotto processo. I due si incontrano alle udienze pubbliche, che seguono per lavoro, e, dopo un primo approccio alquanto sospettoso, soprattutto da parte del giornalista americano, tra i due si instaura una reciproca comprensione e, alla fine, anche l'amore, pur nella consapevolezza dell'impossibilita' del sentimento per i legami che entrambi gia' hanno e a cui sono destinati a tornare. Il film alterna la parte pubblica delle udienze, con testimonianze dirette degli orrori dell'apartheid subiti delle vittime, messe a confronto in maniera catartica con i loro aguzzini, alla parte privata, che esplora i sentieri del cuore attraverso la storia di Anna e Langston. Benche' il regista, John Boorman, sia abile nel tenere il film nel giusto equilibrio, tuttavia non riesce a scalfire l'emotivita' dello spettatore, la documentazione sul regime sudafricano risulta, nella sua drammaticita', piu' cronachistica che veramente partecipe, laddove la storia d'amore non graffia il cuore e non crea una vera tensione tra i due protagonisti. Se la Binoche cerca di sottolineare i passaggi centrali del film con un volto atteggiato spesso al pianto, e porta su di se' la sofferenza, in quanto afrikaans, di non aver saputo capire la profondita' del male del suo paese, non altrettanto convincente risulta Samuel L. Jackson, che non riesce a rendere adeguatamente le sfumature del suo personaggio dalla diffidenza iniziale al perdono della razza nera. Un film interessante per capire una delle pagine piu' nere dell'umanita', ma non un film che tocca il cuore, non riscalda per la verita' ritrovata.



Marina, 44 anni, Benevento (BN).




Fregatura

(3/10) Voto 3di 10

A parte i primi cinque minuti che verrebbe voglia di togliere l'audio per una specie di insopportabile cantilena in stile negroide che sarà la colonna sonora del film, quello che viene dopo non credo valga la pena di perderci il proprio tempo. io ad esempio sono arrivato al minuto 37, poi ho tirato fuori il dvd. ennesima fregatura.



Fabio, 33 anni, Bergamo.




Cade giusto a fagiolo...

(7/10) Voto 7di 10

Chissà se assisteremo mai all' udienza per la verità e la riconciliazione sulla famosa e attualissima 'missione di umanitaria pace' in Iraq. Nell'attesa che i 'bravi samaritani' organizzatori della missione umanitaria adempiano i loro compiti e tornino felici e contenti a casa loro , John Boorman racconta e sviscera attraverso il lungometraggio 'In my country' uno dei capitoli piu' tragici della storia dell'umanità , quello dell'apartheid. Le udienze pubbliche delle commissioni , mettono a confronto i carnefici e le vittime , fanno luce sull'accaduto , sollevano una serie interminabile di domande e interrogativi. I racconti dettagliati delle violenze e degli efferati omicidi subiti dalle vittime di questa tragedia colpiscono con forza lo spettatore sotto il profilo emotivo. I commenti e le giustificazioni che la polizia fornisce a giustificazione dei crimini fatti sollevano spontaneamente dei confronti con situazioni storiche passate e presenti. Come non raggelare quando si parla di 'lotta contro il presunto terrorismo' , 'difesa della patria' , 'qualsiasi mezzo diventa logico e giustificato quando si difende la patria' , 'i nostri governanti sapevano tutto' , 'eseguivo degli ordini'. Nonostante tutto i colori caldi del sud-Africa, i canti di festa del suo popolo, la sua voglia di vivere in pace ,il suo sorriso rendono il film piu' leggero e gradevole. A mio parere comunque nonostante il tema trattato , il calibro degli attori protagonisti , e alcuni momenti emozionanti il film non riesce quasi mai a decollare e a coinvolgere e trascinare pienamente. Il doppiaggio non è convincente , l'interpretazione della Binoche non e' delle migliori , il tono piatto della narrazione scelto da Boorman rende il film spesso meccanico e artificioso. Le scene piagnucolose fanno cadere inevitabilmente la sceneggiatura nel patetico , mentre si raggiunge il baratro con la pretestuosa e faticosa relazione passionale extraconiugale tra i due protagonisti , sinceramente la si poteva risparmiare. Forse una tragedia come questa meritava ben altro per essere raccontata , comunque consiglio a tutti di andare a a vederlo.



Alessandro, 32 anni, Cagliari (CA).




Più bello il trailer

(7/10) Voto 7di 10

Sicuramente il trailer lasciava pensare a qualcosa di epico, purtroppo non è stato così. Il film seppure gradevole e mai noioso è tuttavia troppo consapevole di dovere a tutti costi essere commovente, finendo con lo scivolare nel melodramma, genere che aborro perché fa pensare a qualcosa di falso e artificioso, anche quando si trattano delle verità sacrosante come l'odioso Apartheid, che personalmente dopo Auschwitz ritengo essere la punta massima raggiunta dal razzismo in epoca moderna. La prova dei due attori è in ogni caso valida.



Mauro, 30 anni, Messina.





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