Non è certo un film per chi vuol vedere un film "normale", cioè con una storia, un inizio e una fine, azione e battute divertenti. Sono d'accordo che quelli che hanno scritto la trama sul retro della videocasseta da noleggio non l'hanno visto. A me è piaciuto molto: bellissime le ambientazioni (bar desolanti), bellissimi i colori (tutto bianco e nero come una tazza di caffè), bella la rappresentazione di questa gente che beve caffè e fuma sigarette solo per essere occupata a fare qualcosa (io lo so perchè sono una di loro!), ed infine belli i dialoghi e i movimenti del corpo, che sono il riassunto perfetto di tutto ciò che si dice e si fa quando non si sa cosa dire e cosa fare. Da vedere.
Mi spiace trovare tante opinioni così negative.A me il film è piaciuto molto,e non mi sembra affatto noioso.Ci sono cortometraggi buoni ed altri ottimi(su tutti il terzo).La sequenza è azzeccata e il bianco e nero è di qualità.In riferimento alla recensione precedente:
Luce,da una successione di tanti cortometraggi girati in un lasso di tempo di + di 10 anni speravi venisse fuori una commedia? E ciò che non è commedia lo chiami "solo il vezzo di un regista"?Grazie a Dio ci sono registi capaci ancora di avere vezzi e di saperli esprimere.
Al di là delle varie (e discutibili) opinioni fin qui "postate", avrei una curiosa domanda a proposito del film...
qualcuno di voi ha capito perchè in un paio di episodi del film, invece del connubio "caffè/sigaretta" è presente il the?
scusate la banalissima domanda ma, finora, nessuno mi ha saputo rispondere.
grazie.
Il film-patchwork di Jarmush è una lirica sul difficile compito dell'uomo di dividersi il "gioco della vita". Espressione, quest'ultima, odiosa a leggersi. Ma è così. La pellicola è un continuo gioco di silenzi su tavole di scacchi, si gioca a dadi (l'episodio "nessun problema"), si gioca a non riconoscersi, a ingannarsi; si gioca a produrre elettricità (la bobina di Tesla). E' un continuo passarsi il testimone dell'indolenza, quell'indolenza che fumatori e bevitori di caffè conoscono bene, quella nausea da tavolino che fa parte del (non)sensato incontrarsi per dividersi un momento: il caffé e la sigaretta, "il migliore dei matrimoni". Così il gioco, Jarmush, lo divide con noi, lasciando gli episodi aperti in coda con lunghi silenzi. Sta a noi riempire quelle lunghe pause, dividendo col regista il gioco della creazione che consiste nel porre senso anche dove non ce n'è.
Si tratta di essere sempre in due, come il caffè e la sigaretta, come la casella bianca e quella nera della scacchiera, ripetute ma pur sempre due. Coppie uguali di gemelli diversi, di improbabili cugini, coppie che sono anche una sola persona (Cate Blanchett in "Cugine") e nelle quali la comunicazione lascia il posto al gioco delle identità condivise (pensiamo a Benigni nel primo episodio che corre dal dentista al posto di Steven Wright); coppie di tazze più o meno vuote e di gesti ripetuti (mettere lo zucchero, brindare) in un rituale di reciproco riconoscimento; una coppia di dadi (episodio "Nessun problema") che da solo numeri uguali, a tamponare ancora una volta col gesto l'assenza di comprensione.
Infine (episodio "Champagne") sfuggirsi negli ideali e cercare nella musica una "sorella della medicina", un filo conduttore, un'eguale aspirazione: viaggiare? Conoscere? Semplicemente ascoltare? O aspettare? Di certo "morire" (serenamente) di quella lunga (felice) attesa che si crea prima e durante l'assunzione di un buon caffè e delle sue felici spose, le sigarette.
E' un film ad episodi che non annoia.le scene trattano discussioni 'da bar' in cui molti,penso, possano divertirsi
e riflettere sull'apparente leggerezza della vita.. ottima fotografia