Questo è il mio giudizio su codesto film, senza dubbio il più brutto della storia del cinema Italiano da 20 anni a questa parte. Irritante la Braschi nelle vesti della Fata Turchina, irritante il 50enne Benigni che recita la parte di un ragazzino, irritante la voce stridula del burattino, irritante il fatto che sia stato spacciato per un grande film, irritante l'interpretazione dei fichi d'India, irritante il fatto di aver dovuto pagare per vederlo.
Il fatto è che Benigni pare puntuto, estremo, eccessivo comunque lo poni. Estremamente arboriano nel Papocchio, estremamente blues in Daunbailò, estremamente improvvisatore in Non ci reta che piangere, estremamente fuori dagli schemi in diverse suoi passati passaggi TV, bisognava aspettarsi un Benigni estremamente (caricaturisticamente?) felliniano, trasognato, mieloso, parafiabesco in un Pinocchio nel quale parla come il cuccicuccicù della zia al bambino e la Braschi appare come una fatina tipo icona bizantina che si compra dal gioielliere (tanta forma e poco spirito, fissa e non troppo espressiva)... per non parlare di fichidindia sempre uguali a loro stessi (amici ararara). Si fa perdonare per il contesto scenografico, per la fotografia, per le musiche. Il fatto è che troppo mi resta nel cuore l'insuperato e , forse, insuperabile Pinocchio di Comencini, dove la poesia non aveva bisogno di apparati e contesti, cartapesta, fuochi, sangue finto e santi volanti (come nel teatro gesuitico-barocco)e bastava lo scarno paesaggio italiano, le case di pietra, un mare grigio, e l'antico carillon di una giostra per reinterpretare un romanzo che rimane la più significativa favola italiana. Sufficiente, ma giusto perché mi piace Benigni.
Troppo profondo. Troppo. La chiave sta nella scena finale: il bambino-ombra che se ne va, rifiutandosi si corrompersi in mezzo alla civiltà e alla disciplina. Il film di Benigni non è una semplice favola e non è con questo spirito che bisogna accingersi alla visione. Una perfetta mistura di risa, ottime qualità formali e un geniale messaggio di fondo, che solo il Woody Allen italiano può rendere. Il fanciullino di Pascoli, l'enfant di Rousseau, il Pinocchio di... Collodi? No, di Benigni. Chiamatelo come volete, ma questo è il geniale Pinocchio di Benigni.
Sottovalutato. A mio avviso questo Pinocchio è migliore di quello che possa apparire. L'errore di fondo è andare a vederlo aspettando di sganasciarsi dalle risate e di trovare il Benigni esilarante di "Johnny Stecchino" o quello più profondo di "La vita è bella", dimenticando che si tratta pur sempre di una favola e come tale dev'essere interpretata. Io l'ho trovato interessante, ben strutturato, con una bella atmosfera e una buona scenografia. Da rivalutare e da guardare soprattutto con occhi diversi!