Pinocchio

"Naso di legno, cuore di stagno, burattino..." con questo motivetto in testa e le immagini del cartone animato della mia infanzia, mi sono avventurato alla proiezione del "Pinocchio" benignano. Grande attesa e trepidazione per quello che è stato definito il film su misura per lui, ma soprattutto per rinverdire i fasti de "La vita è bella".
Prima di tutto è bene chiarire che Roberto Benigni è lontano anni luce dalla figura di Pinocchio: non è un ingenuo, né tantomeno uno stupido e se lo vogliamo definire un "puro di cuore" sarà bene ponderare bene questa valutazione, dato che, personalmente, ritengo che qualsiasi persona dotata di ironia e cinismo debba necessariamente possedere una sorta di lato oscuro. Quindi il nostro Gian Burrasca ha pensato bene di portare sul grande schermo il capolavoro di Collodi concedendosi piccole licenze poetiche ma restando di fondo abbastanza aderente al libro.
Iniziamo dalle dolenti note, perché proprio di queste si tratta: il commento musicale di Piovani è quasi una maledizione, una nenia ossessionante che non ti abbandona nemmeno per un momento, tanto che alla fine la canzoncina dei titoli di coda (interpretata da Benigni) ha un non so che di liberatorio. Ma di certo l'aberrazione più macroscopica è l'ormai imprescindibile presenza di Nicoletta Braschi: inguardabile, ma soprattutto inascoltabile. "L'amore è cieco", ed aggiungiamo anche sordo, e purtroppo finché Benigni non riuscirà a liberarsi di questo retaggio saremo condannati a veder rovinati metri e metri di pellicola. Questa fata turchina, tutta falsi sorrisi, primi piani e atone conversazioni, rimarrà indelebilmente scolpita nelle nostre menti più del commovente Geppetto di Carlo Giuffrè, della fantastica coppia di truffatori interpretati dai Fichi d'India o dell'esuberante Lucignolo di Kim Rossi Stewart.

Un lavoro di cesello quello di individuare e "vestire" i cento comprimari che ruotano intorno a Pinocchio, la vera essenza del film e della storia, che altrimenti non sarebbe altro che una favoletta. L'umanizzazione dei tratti animali dei personaggi come anche il loro "look" complessivo sono eccellenti. La scenografia non ha nulla da invidiare alla favolose produzioni hollywoodiane e poi lui, Pinocchio. La personalità e l'anima di Benigni gli danno un pizzico di profondità e di umorismo in più che contribuiscono sia ad alleggerire la pellicola sia ad evidenziare i momenti più adulti.
Comicità estemporanea, classicismo del libro ed effetti speciali di prim'ordine (su tutti il tronco e lo squalo) sono ben amalgamati e scanditi dal lessico toscano che spesso è stato trascurato nelle precedenti trasposizioni del libro.

Un film che sarà in grado di coinvolgere tutte le fasce d'età grazie ai suoi numerosi piani di lettura. La favola divertente per i figli, una bella scoperta per i genitori ed una piacevole reminiscenza per i nonni, ma per favore non attendiamoci un capolavoro assoluto.

La frase: "Anima grande!"

Curiosità: sono stati realizzati venti costumi identici di Pinocchio da utilizzare nell'arco di tutto il film.

Indicazioni:
La più classica: per grandi e piccini.

Valerio Salvi

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