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Il ritorno

Opinioni presenti: 44
Media Voto: Media Voto: 7.5 (7.5/10)

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Un fillm inesistente

(4/10) Voto 4di 10

Fotografia ottima;pessima la storia che non vuol dire assolutamente niente (perchè il padre torna all'improvviso dalla famiglia?dov'è stato finora?cosa va a recuperare nell'isoletta deserta con i figli?perchè l'uomo misterioso li tratta così male?).questi sono solo alcuni dei dubbi irrisolti che caratterizzano questo film terribilmente vuoto,insensato e fine a sè stesso.delusione assurda!!!



Lukas, 17 anni, Ancona (AN).




Un buon "esercizio" cinematografico non è comunque un film.

(1/10) Voto 1di 10

Condivido in gran parte l'opinione critica espressa in sede di recensione, ma voglio aggiungere alcune osservazoni personali del resto già completamente sintetizzate nel titolo. cosa si può definire come film? una qualsiasi proiezione cinematografica, bella o brutta, insulsa o poetica, che comunque "ci lascia qualcosa dentro"? se la vostra risposta è si alla questo lungometraggio merita senza dubbio l'appellativo di "film" ed almeno un 9 (grande fotografia, splendida interpretazione dei protagonisti che ricordiamo non sono nemmeno dei professionisti), adeguato al contenuto dell'opera il montaggio e la scelta dei tempi. se invece pensate che la storia, la trama, la sceneggiatura, non siano un semplice "pretesto per", ma debbano essere parte integrante del lungometraggio, in armonia con il messaggio (eventuale) e la visione del registra, allora le cose cambiano. il regista stesso in una intervista ha detto che la storia non viene esplicitata perchè non vuole che lo spettatore ne sia distratto....mi stà bene, ma non chiamiamolo film, chiamiamolo un documentario toccante, un esercizio di poetica o come volete, ma non film. concludendo, 9 all'esercizio cinematografico, 1 al film che non c'è.



Giovanni, 35 anni, Ancona.




Qui non è Hollywood.

(8/10) Voto 8di 10

Finalmente un film vero. Finlamente un film sulla vita. Finalmente un film in cui il realismo narrativo si concentra (insimene al pieno coinvlgimento dello spettatore) sulle sfacettature dei personaggi, ben delineati ma tutt'altro che preconfezionati; si concentra su un'attenta e bilanciata narrazione degli eventi, anche piccoli, senza per questo perdersi in artificiose quanto inutili spiegazioni. Se infatti non sappiamo da dove sia tornato il padre di Andrey ed Ivan, perchè sia mancato per dodici anni, cosa abbia fatto in tutto questo tempo, quale sia la ragione di quel viaggio, e non ne conosciamo addirittura neanche il nome, i tre personaggi sono raccontati a tutto tondo, pur con le loro contraddizioni ed i loro comportamente a volte non comprensibili o non condivisibili. Ed anzi, l'aura di mistero che avvolge il viaggio, le difficoltà che i due ragazzini sono costretti a sopportare con un padre a tratti persino violento, ci gettano un una angoscia ed in una tensione continua durante tutta la proiezione, che è forse seconda solo a quella di Andrey ed Ivan di fronte ad un padre che si può accettare dogmaticamente ma che si può anche rifiutare, forse contro natura. Ed ancora la selvaggia natura di una non specificata regione russa (forse Caucaso, forse Siberia), silenziosa ed apparentemente innocua ma tale da spaurire anche attraverso la tela di uno schermo, lascia i tre personaggi in una solitudine che non da spazio ad inutili orpelli narrativi. Il difficile rapporto di paternità è al centro della pellicola, l'incapacità di un uomo di recuperare in pochi giorni il tempo perso in dodici anni lontano dai propri figli, la paura ed il desiderio di questi ultimi di scoprire un padre nuovo di zecca, piombato chissà da dove nel silenzio della loro casa. Delicato e crudo, inquietante ma mai violento, semplice ma per nulla prosaico. Splendide le sequenze d'apertura, l'inaspettato ritorno del padre che si offre al curioso sguardo dei figli come un Cristo morto di Mantegna, gli amorevoli occhi della madre, l'acciottolio delle stoviglie a cena nel silenzio rotto solo da pochissime parole, le mani della nonna... e poco c'importa sapere cosa ci fosse in quella scatoletta di metallo.



Danilo, 30 anni, Bari (BA).




Ottimo

(9/10) Voto 9di 10

un signor film. straordinaria la fotografia e l'interpretazione del bambino più piccolo.



Giulia, 21 anni, Cagliari.




Il silenzio, chiave del mistero

(9/10) Voto 9di 10

Quando un film mi piace so dire quasi subito il perchè. Per questo invece ho dovuto aspettare un po'. Come uno che ha avuto un'emozione fortissima ed ha dovuto prendersi tempo per rielaborarla. Sì, la posta in gioco è troppo intensa, è un nucleo primigenio fatto di rapporti genitoriali, filiali, l'odio, l'amore, da dove veniamo, dove andiamo, chi siamo. E siccome tutto questo è mistero, la cifra fondamentale del film è appunto il mistero. Non escluderei in questo senso la chiave religiosa, anche se non in modo così esplicito come chi ha visto nel padre Gesù. Ma piuttosto come mistero dell'uomo che rimanda a qualcos'altro. Non per nulla una delle suggestioni del film è l'alternarsi alto-basso (all'inizio ed alla fine).Vorrei dire a chi si è annoiato: imparate dal film l'arte del silenzio, praticatela ogni tanto in questo mondo dai rumori (e dalle immagini) così assordanti - da cui per un paio d'ore Zvyagintsev ci fa uscire. E poi provate a rivederlo.



Marilena, 52 anni, Catania.





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