L'ultimo film di Gabriele Salvatores e' stato presentato ai londinesi nello scorso novembre in occasione del festival internazionale del cinema. La settimana scorsa il film e' finalmente arrivato nelle sale dei cinema della capitale.
Il protagonista e' un simpatico ragazzino bruno che improvvisamente scopre una parte oscura del mondo degli adulti e questa esperienza lo fa crescere e pensare. La storia e' raccontata dal punto di vista del ragazzino e ha il sapore di un thriller il cui sviluppo riesce a trattenere l'attenzione dell'udienza. Il film e' fondato sul contrasto tra la luce degli immensi campi di grano e il buio del buco del nascondiglio sottoterra. La luce del sole e l'immensita' della campagna e' una metafora che riflette l'innocenza e il sentimento pieno di speranza del bambino. Il nascondiglio buio e sporco riflette quella parte cattiva e negativa di alcuni esseri umani che hanno negato a loro stessi e agli altri la speranza e la gioia di vivere. Il fatto del sequestro ricorda simili eventi reali accaduti in italia negli anni '70. La fine della storia con i due bambini riuniti e felici e' una "happy ending" fantasiosa che riesce a placare l'ansia dello spettatore non piu' giovane che ricorda la reale ansia vissuta un trentennio prima. Il film e' tratto dall'omonimo romanzo di Niccolo' Ammaniti che con i suoi dialoghi ricchi e serrati e le scene cinematografiche della sua storia ha fornito l'ispirazione al linguaggio visivo. Il tema della paura che non alberga nel cuore di un bambino che non conosce ancora la cattiveria degli adulti e' molto attuale in un'epoca in cui ci sarebbero molti motivi per avere paura. La fotografia suggestiva degli affascinanti paesaggi del sud concede allo spettatore una "visual pleasure" tipica del mondo della pittura. E' un film da non perdere.
Nel mondo di “Io non ho paura” ci sono due categorie di uomini: gli “uomini grandi” e gli “uomini piccoli”, che non sono sinonimi di adulti e bambini…
Gli uomini grandi hanno il potere e lo esercitano facendo affari in cui la merce sono le persone o passando la vita a difendere la loro proprietà fatta di maiali; nessuno di loro conosce pietà o affetti, se non primordiali e dovuti ai legami di sangue; le madri sono succubi o complici; la vita di tutti si svolge al chiuso o dentro un’auto; quando sono fuori mimano e cantano le cose viste in televisione.
Gli uomini piccoli vivono circondati dalla luce e dal calore del sole, usano il gioco per mimare i conflitti, tra di loro c’è anche la prepotenza e la viltà ma capiscono gli errori e sanno chiedere perdono, stanno immersi nei campi di grano e ne accarezzano le spighe, dividono la terra con i piccoli animali e con gli insetti, l’angoscia verso l’ignoto o i diversi non spegne loro la curiosità, conoscono la solidarietà, “…siamo uguali”, e non hanno paura di pagarne un prezzo.
Il mondo degli uomini piccoli ha tutti gli ingredienti della vita.
Gli uomini piccoli però sono alieni, il mondo è in mano agli uomini grandi che tagliano il grano con grandi e potenti macchine di guerra.
La curiosità, la solidarietà e l’amicizia degli uomini piccoli metteranno in difficoltà il potere degli uomini grandi, ma questi saranno veramente sconfitti solo dall’arrivo di altri uomini, quelli delle regole e della giustizia:
chi li manda? quali altri uomini rappresentano? Perché vengono solo dal cielo?
…e, soprattutto, sono uomini?
ho appena visto il film e mi chiedo come si sia potuto pensare al film di Avati come alternativa per l'Oscar! Dai campi gialli e assolati alla scelta azzeccata di tutti i bambini - massime il protagonista, la sorellina e la "cicciona" -, dalle semplici allusioni (visive e basta) al treno di vita delle famiglie dei bambini alla musica suggestiva, tutto mi è sembrato fortemente poetico. Bravo Salvatores e bravo Ammaniti (a questo punto dovrò leggere il libro !).
E' un bellissimo film, degno di almeno un oscar, alla regia, alla sceneggiatura, al migliore attore, alla musica o .....alle luci, scegliete voi.
Salvatores, milanese, ama il sud, ma non ama quello che del sud non va, che non sempre noi meridionali cogliamo o ammettiamo.
Questo amore-odio, è alla base del film. Se amate il sud o lo rimpiagete, andate a vedere questo film ma anche altri due, Respiro e Tornado a casa, se li trovate.
Forse è vero che qualcosa stona ma fare una riduzione di una storia così complessa non è facile. Comunque il pubblico alla fine del film era ammutolito. La tragedia c’era tutta. La morte, l’unica cosa certa della nostra vita, la accogliamo sempre con sorpresa e ne restiamo scandalizzati come se non ne sapessimo nulla. Questo concetto è valido anche per il male, al quale tutti i personaggi del film sembrano abbonati. Nessuno escluso. Tranne forse il prete al funerale. Salvadores ed Amanniti restano grandi.