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Nymphomaniac Vol. I











La grande polemica su Nimphomaniac è giunta alle orecchie del pubblico assai prima che le prime immagini del film fossero conosciute. Al contrario di quanto accade nei temporali più burrascosi, prima che si potesse vedere il lampo è giunto il suono cupo del tuono. Critiche e censure hanno contribuito a creare intorno al nuovo lavoro di Lars von Trier, l’ultimo della trilogia che comprende Antichrist e Melancholia, un’attesa carica di aspettative.
Finalmente, a partire dal 3 aprile, la prima parte della versione censurata uscirà nei cinema italiani, seguita, il 24 aprile, dalla seconda parte.

A differenza di quanto emerso dalle polemiche, tuttavia, sembra opportuno chiarire sin da subito che il sesso non è il solo protagonista del film. Centro della narrazione è la sessualità, intesa come cuore pulsante del tessuto relazionale di ciascun essere umano. Una visione simile non è certo nuova, dato che Freud la aveva scandagliata a lungo nei suoi studi. Eppure, a distanza di quasi un secolo dall’elaborazione di queste teorie, tale visione continua a scandalizzare.

Il film narra di Joe (Charlotte Gainsburg), una ragazza che si autoproclama ninfomane. In una fredda giornata invernale Joe viene trovata in un vicolo da un signore di mezza età (Stellan Skarsgard): è ferita e semi incosciente e il signore la porta in casa sua, la cura e la fa riposare. Ha inizio allora, da un pretesto, il racconto della donna, sotto lo sguardo attento e comprensivo del suo ascoltatore. Episodi di una vita vorticosa, incentrata su una sessualità morbosa intorno alla quale ruotano tutte le relazioni della giovane Joe. Il sesso viene vissuto dalla protagonista come un istinto dal quale si sente dominata ma che lei trasforma anche in strumento di dominio. Forse è proprio questa la chiave di volta utile a interpretare la doppia fiamma che brucia nel petto della protagonista: il sesso è da un lato lo strumento che lei ha imparato a sfruttare per entrare in relazione con le persone: crea decine di relazioni a settimana e la maggior parte degli uomini restano impigliati nella fitta tela che li mantiene distanti; dall’altro lato, tuttavia, il sesso non è uno dei modi, ma l’unico modo attraverso il quali Joe entra in contatto con gli uomini. Ed è un modo estemporaneo ed effimero. Questo è il motivo del suo continuo desiderio, che è lussuria, senz’altro, ma è anche bisogno, per quanto lei lo neghi. Ed è questo è il motivo per cui la protagonista è profondamente infelice.

L’alternanza di racconto e dialogo colto avvolge la narrazione in un intreccio interessante, avvicinandola, in alcuni passaggi, alla trattazione filosofica. Al tempo stesso, tuttavia, proprio questa caratteristica appesantisce l’andamento della storia, che risulta intermittente e priva di un crescendo significativo che prepari lo spettatore al finale. I silenzi, le pause, il clima da aula universitaria che si respira in alcune scene smorzano le emozioni che pure il regista è capace di creare. Penso all’episodio in cui la signora H (Uma Thurman), moglie di uno degli amanti di Joe, entra in casa della giovane protagonista con i tre piccoli figli dopo essere stata lasciata dal marito. La scena è toccante e ben costruita, ma presto si torna al silenzio opprimente della stanza disadorna dove Joe si trova con il suo paziente ascoltatore.

Per concludere, molte delle polemiche con il quale il film è stato accolto appaiono aprioristiche, anche se sembrano abilmente pilotate dallo stesso regista per creare un’accoglienza fertile al proprio lavoro: certamente ci sono scene esplicite di sesso, ma oggi soltanto un bigotto si scandalizzerebbe di fronte a simili immagini. Dietro al sesso utilizzato come strumento di narrazione e come provocazione, c’è una riflessione seria sulla sessualità. Si può e si deve discutere sulle modalità con la quale viene affrontata e sulle conclusioni a cui giunge, ma resta una riflessione seria e in quanto tale non dovrebbe scandalizzare nessuno.

La frase:
"Quelle brevi passeggiate erano così simili alla mia vita: monotone e inutili come i movimenti di un animale in gabbia".

a cura di Simone Arseni

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