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Abituato a descrivere squallide periferie americane, il regista Abel Ferrara deve aver trovato pane per i suoi denti nel momento in cui, incontrato l'ex detenuto Gaetano Di Vaio, fondatore della Società di Produzione cinematografica "Figli del Bronx", ha dato il via a quello che, originariamente, non sarebbe dovuto essere altro che un documentario sulla Casa Circondariale femminile di Pozzuoli, a Napoli.
Documentario poi evolutosi al di fuori delle mura della prigione, nei quartieri Spagnoli e in quelli di Scampia, innestando sui racconti delle detenute incontrate tre diverse narrazioni sceneggiate da Peppe Lanzetta, che compone un dramma familiare a tinte forti immerso in violenza, speranza e vendetta, lo stesso Di Vaio, impegnato a rielaborare la sua personale esperienza, e Maurizio Braucci, il quale costruisce una storia di crescita obbligata a passare attraverso un battesimo di sangue.
Un mosaico complesso e proteiforme, quindi, volto per l'ennesima volta ad affondare nell'umanità brutale e vitale della città Partenopea, in mezzo a donne dalle esistenze tutt'altro che rosee, gioventù bruciate e assenza di lavoro per i ragazzi, ma anche abitanti convinti che, con la forza di volontà, ci si possa tranquillamente liberare della camorra.
Mentre l'autore de "L'angelo della vendetta" e "Il cattivo tenente", tra un escursione al centro sociale "DAM" - il cui nome proviene dalle iniziali del popolare calciatore Diego Armando Maradona - e le numerose interviste che vedono coinvolta anche Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli, non dimentica di alternare alla crudezza generale le sue immancabili immagini della Madonna.
Per un elaborato che non assumerebbe altro che le fattezze dell'inchiesta destinata alla tarda serata in tv se non fosse per la presenza della parte di fiction interpretata, tra gli altri, da Luca Lionello, Salvatore Ruocco e il grande Ernesto Mahieux.
Parte di fiction oltretutto di brutto taglio quasi amatoriale, al servizio di un prodotto che, dopo aver trascinato lo spettatore nella noia, chiude in maniera grottesca e senza senso con un'esibizione canora dello stesso Ferrara durante i titoli di coda.
La frase: "Una vita migliore, questo è quello che voglio".
Francesco Lomuscio
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