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Michael Clayton
Dopo eccellenti sceneggiature come "L'avvocato del diavolo", e "L'ultima eclisse", TonyGilroy ha deciso che era giunto per lui il momento del debutto dietro la macchina da presa. Nasce cosi "Michael Clayton", scritto e diretto dallo stesso Gilroy.
La trama è semplice e anche un pò inflazionata. Michael Clayton lavora per uno dei più grossi studi legali di New York, che da anni è impegnata a difendere una importante società che produce prodotti chimici per l'agricoltura. Quest'ultima è, infatti, accusata di aver provocato la morte di diverse persone dopo aver messo in vendita un prodotto cancerogeno.
Quando ormai la battaglia legale sembra che stia andando a favore della società il miglior avvocato dello studio ha una crisi di coscienza ed è deciso a svelare le prove che ne dimostrerebbero la colpevolezza. Michael Clayton, che da anni si preoccupa di risolvere le grosse grane dello studio con sotterfugi ed espedienti, dovrà ora darsi da fare per accomodare anche questo guaio.
La tradizione vuole che avvocati e rappresentanti legali dicano sempre la metà delle cose, e in modo quasi incomprensibile per spiazzare l'interlocutore e volgere la situazione a proprio vantaggio. Sarà per questo che lo sceneggiatore ha deciso di non dare una giusta linearità e logica ai dialoghi, lasciando che lo spettatore arrivi da solo a capire le relazioni tra i personaggi e i loro intenti. La narrazione della vicenda risulta così affannata e di difficile comprensione, a meno che non si sia appassionati del genere, con tutte le competenze e cognizioni di causa adatte. Considerando che il film dovrebbe esser annoverato tra i thriller, certo la cosa potrebbe essere intrigante, ma Gilroy non riesce bene nel suo intento e, a parte gli ultimi dieci risolutivi minuti finali, si perde spesso il filo e l'attenzione, e la pellicola diventa troppo lunga e noiosa.
Il cast d'eccezione potrebbe risollevare le sorti del risultato finale, ma si vede che anche attori come Sidney Pollack e Gorge Clooney, pur mettendoci il massimo impegno, arrancano di fronte a dei dialoghi inconcludenti e ad una trama lacunosa. Tilda Swinton poi, pare aver dimenticato l'eleganza e la classe mostrate in "Constantine" e "Le cronache di Narnia. Il leone, la strega e l'armadio", e ci presenta un nuovo personaggio, sempre cinico e spietato ma dall'aspetto misero e dimesso, mostrando una viscidità che raramente si vede in simili personaggi femminili.
La regia è asciutta, senza fronzoli, i toni sono scuri e cupi, e questo ci sta bene con il genere. Il fatto poi di ambientare la storia a New York, la città che più rappresenta gli avvocati per la sua frenesia, il suo cinismo e la sua versatilità, ma ci piacerebbe anche poterla riconoscere, e non immaginare che ci si possa trovare in qualsiasi grande metropoli americana.
Alla fine la domanda che ci si pone è: ma "Michael Clayton" è un thriller, una denuncia alla categoria, o un'analisi interiore sull'integrità umana. Certo la risposta potrebbe essere, tutte le cose insieme….ma manca il filo conduttore che unisce le tematiche, rendendo il film avvincente, intrigante e riflessivo.
La frase: "Sono Shiva, il dio della morte!"
Monica Cabras
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