Melbourne
Esordisce con “Melbourne” il regista Nima Javidi. Con uno stile asciutto, e a dispetto di una sceneggiatura così serrata da ricordare un nodo alla gola di “hitchcocchiana” memoria, Javidi si è presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2014 dove ha ottenuto un ottimo riscontro dalla critica. Ora si prepara a sbarcare nei cinema d’Italia con la sua storia tutta giocata su un gravoso conflitto interiore.
Sara e Amir sono in procinto di partire per l’Australia per ragioni di studio. La mattina della partenza Sara accetta di prendersi cura per poche ore del piccolo neonato dei vicini. Dorme, le dicono, non le darà fastidio. Ma rimasti soli con l’infante, in effetti, la coppia si rende conto che il piccolo non respira proprio…
Ambientato nell’interno di un appartamento semi vuoto; con i tempi dettati dall’andirivieni - tutto teatrale – di personaggi che distraggono i protagonisti dal vero problema di fondo, è francamente difficile non vedere in “Melbourne” una metafora della società di cui è figlio il regista. I trentenni protagonisti del film sono persone che stanno di fatto abbandonando il proprio Paese (l’Iran) nella speranza di un domani migliore. Questo gesto, avvicinabile concettualmente a una fuga (bello il dialogo che Amir ha con la propria madre, ancora legata a vecchie tradizioni e che teme che l’altra sua figlia possa fare la stessa scelta), viene infine legittimato dalla impossibilità di uscire da una situazione tanto assurda quanto intrappolante. Il continuo pellegrinaggio dei personaggi secondari che fanno visita per un motivo o per un altro alla casa di Amir e Sara, ai nostri occhi occidentali sembrano fotografare una condizione di chiusura assoluta. Cecità. Sordità. L’incapacità di sapere ciò che accade davvero. Non guardare il dito, guarda la luna, diceva qualcuno. Non guardare dove vanno, potremmo suggerire (la Melbourne evocata dal titolo), ma guarda ciò che lasciano. Un piccolo cadavere, simbolo di un crimine di cui è impossibile scovare un colpevole.
Forte l’idea di fondo. Regia potente e lucidissima. Dialoghi assolutamente ben scritti. Ottimi gli interpreti. Manca poco o niente al film di Nima Javidi che, come pochi grandi prima di lui, gioca con l’assurdo e fotografa la realtà in modo impeccabile. Ottimo.
La frase:
"Non so che cos’ha, non si sveglia".
a cura di Diego Altobelli
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