Matrimonio all'italiana
Due nomination agli Oscar (miglior film straniero e migliore attrice) per quello che in realtà fu prima di tutto un remake. Edoardo DeFilippo scrisse “Filumena Marturano”, la pièce alla base di “Matrimonio all’italiana” nel 1946 per il teatro, per poi farne prima una versione cinematografica nel 1951 e poi una televisiva undici anni dopo. Si trattava di un testo cucito su misura sulle capacità interpretative della sorella Titina e il successo fu perenne.
Nel 1964 DeSica veniva dal successo di “Ieri, oggi e domani” (anche questo ispirato ad un’opera DeFilippo, e cioè “Adelina”) e decise di riproporre la stessa squadra che lo aveva appena portato all’Oscar: lui alla regia, Armando Trovaioli alle musiche e coppia di protagonisti Loren- Mastroianni. A loro due, alla sesta collaborazione assieme, era affidata la riuscita del film. “Matrimonio all’italiana” poggia infatti sui suoi due personaggi principali, Don Mimì e Filumena. Ad essere raccontata è la loro ambigua relazione lunga trent’anni e più, un rapporto fatto di passione, ma anche di segreti e bugie, dove i rapporti di forza cambiano continuamente: una volta è lui a sfruttare la propria, altolocata, posizione sociale per comandare il “gioco”, un’altra volta è lei, attraverso “il sentimento”, che segna la strada. Se il pubblico però da più di cinquant’anni, nonostante entrambi i personaggi si mentano a vicenda, tifa sempre per Filumena, anziché per Don Mimì, è nelle motivazioni che li spingono al medesimo atteggiamento. Mentre lui lo fa per egoismo, lei agisce furtivamente in nome dei propri figli.
Rispetto al soggetto di DeFilippo, DeSica e i suoi sceneggiatori (Renato Castellani, Tonino Guerra, Leo Benvenuti e Piero DeBernardi)spostano un po’ più in là l’ambientazione storica e utilizzano il flashback per tutta spiegare tutta la prima parte. Il ritmo è sostenuto, i sorrisi non tardano così come la commozione.
Dentro c’è l’Italia, ma anche e soprattutto personaggi che fuoriescono dallo schermo come pochi altri nella storia del cinema, del teatro e della letteratura. Un film senza età che, proiettato nella sua versione restaurata, alla seconda Festa del cinema di Roma, ha provocato ancora applausi e gente felice che usciva dalla sala. Se questo è poco...

La frase: "Nu momento Dummì. Una sera mi dicesti: Filomè, facciamo finta di volerci bene. Io quella sera ti ho voluto bene veramente! Tu no, tu avevi fatto finta. E quando te ne andasti, mi regalasti la solita 100 lire. È quella 100 lire (Filumena mostra la banconota a Mimì). Io ci segnai l'anno, il giorno, poi tu partisti come al solito e quando tornasti tenevo nà pancia così. Ti feci dire che stavo poco bene e che ero andata in campagna. Ci sta un conticino che mi serve, la data che c'ho scritto. Ecco. (ritaglia l'angolino della 100 lire e lo tira a Domenico]. Tiè, li figli non si pagano!".

Andrea D’Addio

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