L'ultimo treno
La guerra può far impazzire anche uomini rotti a mille esperienze, figuriamoci che impatto può avere su un bambino, tanto più se questo è un ebreo-polacco. Yurek Bogayevicz affronta l'ottica dell'olocausto con gli occhi di un sopravvissuto ai margini dell'orrore: Romek (Haley Joel Osment / "A.I."). Figlio della media borghesia di Cracovia, Romek viene affidato dai suoi genitori, ormai disperati, ad un contadino cristiano per cercare di salvarlo dalla furia nazista. Ma anche la vita in un villaggio può essere molto dura: si lotta per sopravvivere, si tenta di nascondere quel qualcosa in più che consentirà di superare l'inverno, si invidia la donna di qualcun altro o semplicemente il suo aspetto più "sano" e sepolti dai mille problemi quotidiani sono proprio i ragazzi quelli che soffrono di più: devono convivere con un mondo pervaso dalla follia senza avere il supporto degli adulti ed allora l'immaginazione sembra essere l'unica vera via di fuga.
L'assurdità del finale è la perfetta "summa" di una situazione i cui confini non esistono e dove qualsiasi cosa può accadere.
Bogayevicz si colloca a cavallo tra "Schindler's List" e "Train de Vie", senza però la spettacolarità del primo, né l'ironia del secondo; riesce comunque a restituirci il quadro di una realtà, quella rurale polacca, che altri non si sono mai curati di presentare. Inoltre l'ottica del bambino oltre ad essere innovativa è molto coinvolgente. La presenza di Osment da maggior spessore al personaggo, ma anche gli altri giovani protagonisti sono all'altezza del più illustre collega. Discorso a parte per il prete interpretato da Willem Dafoe: poche scene, ma di incredibile impatto.
Nel complesso Bogayevicz riesce a costruire un discreto film, nettamente superiore alla sua precedente orrenda porcheria che era "Uscita di Sicurezza".
Indicazioni: Per riflettere su un orrore che non va dimenticato.
Valerio Salvi
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