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L'eredità
Con lo zampino di Lars von Trier, tramite la sua casa di produzione Zentropa, il regista di "The Bench" prosegue il proprio discorso sulle divisioni sociali e dedica il secondo capitolo della trilogia, "L'Eredità", agli obblighi e i sacrifici che le responsabilità nei confronti del potere comportano. Desideri, volontà, doveri e passioni: questi gli elementi che costituiscono il suo nuovo film e grazie ai quali un uomo perde il controllo della propria vita e del proprio destino.
Rampollo di una ricca famiglia proprietaria di una delle maggiori società di lavorazione dell'acciaio di Copenhagen, Christoffer ha lasciato tutto per ragioni di salute e trasferitosi a Stoccolma conosce un'attrice di cui si innamora e che sposa pochi mesi dopo. La morte improvvisa del padre lo costringe in seguito a tornare in patria e a prendere alcune importanti decisioni riguardo la società. Ma il dovere nei confronti della famiglia finisce per essere più forte dell'amore per la moglie spingendolo a dare un nuovo corso alla propria vita. Promettendo di restare solamente il tempo necessario ad una fusione con una società francese, Christoffer tenta così di salvare la compagnia dalla terribile crisi finanziaria in cui si trova ed evitare allo stesso tempo il licenziamento di centinaia di dipendenti.
Ma le decisioni dure e a volte persino spietate che la sua posizione di Presidente lo costringe a prendere, si rifletteranno invariabilmente sul suo matrimonio, portandolo ad una definitiva rottura.
Eroe e vittima della storia di Per Fly, Christoffer è l'emblema dell'uomo moderno.
Sebbene voglia rappresentare una classe sociale specifica come la borghesia - quella legata però ad una tradizione e a dei valori del lavoro inteso nella sua funzione più alta come quella di guida o di esempio -, il regista danese racconta più generalmente quanto difficile sia riuscire a gestire con equilibrio la vita personale e quella professionale. Nel suo disperato tentativo di tenere separate le due, il protagonista finisce per commettere l'errore di eliminare la prima a favore della seconda, diventando un estraneo per la propria famiglia e un mostro crudele per l'azienda. Una dualità che uccide condannando alla solitudine e al rimpianto.
Costruite attraverso un lungo flashback, la regia rigorosa e la sceneggiatura altrettanto essenziale rendono inizialmente lento il coinvolgimento e la macchina da presa, spesso ferma su primi piani degli attori, modera ancor più l'andamento del racconto.
Ma questa modernissima caduta negli inferi convince e finisce inevitabilmente per appassionare. E sopratutto lascia che un piccolo tarlo ci roda la mente, perché alla fine perdere tutto in nome di un potere tanto volubile fa tremare.
Valeria Chiari
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