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Il primo respiro
Quegli eventi intensi, vissuti da pubblico in scena, che prendono la mano. E’ quanto avvenuto al regista Gilles De Maistre (in un ventennio di attività oltre cento reportages e documentari, con il compimento del desiderio di realizzarne uno cinematografico, per l’appunto "il Primo respiro"), che per due anni ha fatto riprese televisive in un reparto maternità. Esperienza che lo ha scosso e cambiato, lasciandogli la voglia di ripeterla con l’intenzione di filmare - della nascita - le medesime emozioni e le differenti condizioni e modalità, in un viaggio transnazionale e interclassista. All’origine della sceneggiatura, necessariamente modificatasi sul campo, c’è un’inchiesta giornalistica e una prolungata, complessa gestione, soprattutto pratica. De Maistre ha tirato in ballo l’universalità dell’atto e il percorso evoluzionista collettivo per ottenere l’assenso delle gestanti - scelte in base all’espressività e ad una fisionomia di facile identificazione geografica - che hanno risposto sì per sostegno ad una causa (la procreazione in casa), la possibilità di un ricordo registrato o narcisismo. Altro filo conduttore, nell’operazione, è stato un’eclissi di sole, coincisa con un aumento di parti.
Ha puntato sui contrasti, l’autore: tra luoghi, tenori di vita (nei paesi poveri la venuta al mondo è spesso legata alla morte del piccolo o della madre), pianificazione e ospedalizzazione o meno (una delle strutture risulta tipo affollata catena di montaggio, in un’altra la tendenza materiale equipara il parto alla malattia), alterni e repentini stati d’animo. Con troupe ridotta, improvvisazione (in quanto "buona solo la prima"), volontà di essere parte integrante del "rito" e non presenza discreta, l’opera riporta i preparativi e la progressione emotiva, le problematiche connesse alla nascita (e alla macchina da presa), la presenza dell’uomo (proibita o da semplice spettatore). E si serve di simbolismi (la pancia e i pianeti, elementi come acqua, luce solare, terra), ritagli di mondo, attesa e musica suggestiva, ma non può evitare la ripetitività e la distanza da un’intimità filtrata.
La frase: "Le basterà assecondare il suo istinto di donna e nessuno, meglio di lei, saprà cosa fare".
Federico Raponi
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