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Le petit lieutenant
Le petit lieutenant è quello che si potrebbe tranquillamente definire (neo)classicismo europeo.
Contraddistinto da una sobrietà che ha quasi dell'inquietante, Xavier Beauvois concepisce un'opera noir quasi Eastwoodiano, disegnando anime risucchiate nel vuoto della routine, con quel passato sempre da dimenticare senza riuscirci.
Un passato che diventa bestia senza cuore, tra errori di gioventù e vizi mai persi fino in fondo, il tutto narrato con quella fluidità francese tipicamente Europea che in più sensi arriva a rievocare echi della Nouvelle Vague di Truffaut e Chabrol.
Quella di Beauvois è una regia sottilissima che rifiuta ogni forma di enfasi emotiva; non ci sono ralenti e neanche una nota di colonna sonora; in un certo senso è ancora una volta, provocazione del Cinema Europeo verso il Cinema Post-Moderno fatto di suoni bombardanti a dolby surround ed enfatizzazioni esageratamente marcate.
In quest'opera quel che conta è la macchina da presa che scorre sui volti dei protagonisti, percependone le emozioni e i sentimenti, come un fascio di raggi x che analizza oltre il visibile dell'occhio umano.
Il Cinema di Beauvois è quindi tutto tranne che superficiale, anzi, è tutto narrato dall'interno, implodendo le significazioni che quasi sempre arrivano celate, nascoste come simbologie sparse nel corpo filmico, e che alla fine raggiunge ancora una volta la tesi più crudele dei noir: la vendetta non basta a cambiare le cose, a ritrovare la pace con sé stessi, perché in fondo siamo tutti condannati, o meglio, eravamo già condannati fin dall'inizio e da questo non si scappa.
Le petit lieutinant è perciò un film sia di ricatto che di riscatto, è un'opera sulle nostre seconde possibilità di vivere una vita mai vissuta. Un sognare l'utopia impossibile. In qualche modo un non arrendersi mai, oppure una ricerca infinita del conforto, che come sempre arriverà troppo tardi.
Perché fin dalle ellissi iniziali, vediamo già come i protagonisti ruotino sempre intorno a sé stessi, come rinchiusi in una prigione senza scampo. Ellissi che come coltelli affilati tagliano il tempo filmico, immortalando su schermo, e questo è fattore magico ed eccitante, tutto ciò che in realtà non abbiamo mai visto esplicitamente, ma che percepiamo solo dentro noi stessi, tra le nostre paure.
Ed è anche uno dei motivi per cui Le petit lieutenant, (ancora un richiamo a Eastwood) è in realtà controllato da un'entità superiore che noi non vediamo mai in quanto confinato nel fuori campo. In questo caso: Destino.
La frase: "Non tocco una goccia di alcool da 9 anni. Ma mi sento ancora un perdente: Vivo sempre nello stesso posto, frequento sempre la stessa gente… insomma, non sono ancora diventato un milionario"
Pierre Hombrebueno
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