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Le deuxième souffle
Ad unire i due “le deuxième souffle” (il primo - del 1966 - di Jean-Pierre Melville, tradotto “tutte le ore feriscono, l’ultima uccide”) c’è Josè Giovanni, scrittore/cineasta autore dell’omonimo romanzo ispiratore. Alain Corneau è stato suo assistente alla regìa e Giovanni, insoddisfatto del film di Melville, fin dai primi anni ‘70 aveva invitato ripetutamente Corneau a rifarlo. Ragion per cui questa versione è più vicina al libro che alla pellicola originale, come ad esempio nel personaggio femminile, trattato alla stregua di capo e donna fatale dagli uomini, i quali le danno una centralità stridente invece con l’espressione costantemente addolorata/preoccupata e gli occhi umidi di Monica Bellucci. Il regista riprende filologicamente le posture dei film d’epoca (pistola in mano e braccio piegato a 90 gradi, attaccato al busto) e occhieggia al moderno cinema d’azione orientale (gusto barocco, ralenti nelle sparatorie, pallottole che trapassano corpi, fiotti di sangue), come tendendo allo sdrammatizzante umorismo di chi non si prende troppo sul serio (Alban dopo una sparatoria in cui muore il suo capo si toglie la polvere dalla spalla).
Ciononostante l’opera racchiude immagini suggestive ed eloquenti (la stazioncina col sole all’orizzonte, “io là non ci torno” detto posando l’arma sul comodino, la figura scura di Auteuil che cammina tra le foglie cadute) per l’illustrazione di un contesto spietato (“chi sopravvive ha sempre ragione”) dove il Bene e il Male si sentono a disagio: il bandito ancora legato a un codice d’onore (“qui la mentalità è cambiata. Sono fuori posto, omai”), il commissario ad un passato doloroso (“sparire senza far soffrire nessuno è la cosa migliore”). Un grande omaggio al “polar”, mortuario e teso, grazie a una sceneggiatura - del regista stesso - con un ricco materiale di base (l’occhio addentro di Josè Giovanni, condannato a 11 anni per rapina a mano armata). Vero manovratore è Michel Blanc - un’interpretazione magistrale – che ha a disposizione l’unico ruolo sorprendente, battute da manuale e un geniale stratagemma, narrativamente risolutivo.
La frase: "Ho giocato e ho perso".
Federico Raponi
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