Le cronache di Narnia: Il principe Caspian
La mia generazione, quella per intenderci nata nel 1979, è cresciuta nel mito e nell’emozione delle "storie infinite", dei Falkor, dei giganti Mordiroccia, degli Atreyu.
Oggi non molto sembra essere cambiato, se non che la Fantàsia, alberga da un’altra parte, nel Regno di Narnia, che torna a ripopolarsi dei personaggi che l’avevano resa celebre nel primo episodio, Il Leone, la Strega e l’Armadio (premiato addirittura con l’Oscar per gli effetti speciali nel 2006).
La storia del secondo capitolo si innesta un anno dopo (milletrecento per Narnia) dalle prime avventure che videro protagonisti Lucy, Edmund, Peter e Susan, ora (ri)chiamati nella terra lontana per (ri)trovarla desolante e buia.
Non ci sono più il fauno Tumnus (il fu, oggi talentuoso, James McAvoy) né (in parte) la strega Tilda Swinton e il leone Aslan, ma c’è l’inserimento del nuovo personaggio, Caspian, interpretato dal buon Ben Barnes (Stardust).
Il regista – sceneggiatore, Andrew Adamson, rispetto al primo lavoro, conscio di alcuni difetti "letterari", riesce invece qui a mettere in scena un’opera apprezzabile e godibile.
In primis le battaglie, epiche ed emozionanti, tra umani e centauri, che sembrano molto più curate dal punto di vista tecnico e visivo (la pellicola è pur sempre per ragazzi, quindi niente spargimenti di sangue inutili).
Si avverte inoltre una maturità narrativa importante: i personaggi crescono e il loro sguardo verso la realtà muta in maniera significativa.
Ecco quindi far capolino un primo amore (anche se accennato timidamente) e una "rivalità solidale" tra Caspian e Peter.
Il simbolismo, un pò troppo marcato del primo episodio, si fa da parte (anche se Aslan rimane il rappresentante – metafora di una "fede salvifica"), per procedere su binari più liberi e meno intricati.
Ovviamente non c’è storia senza un personaggio negativo, che questa volta ha il volto di Sergio Castellitto (Lord Miraz), e che anche se inserito in un tipo di pellicola un pò lontano dalle sue corde, riesce egregiamente, a sostenere la parte, senza cedere, più di tanto, in superficialità o banalità espressive – recitative.
Attestato di fiducia anche per l’altro italiano presente nel cast, quel Pierfrancesco Favino, qui cattivo pentito, ma più che mai lanciato nel cinema estero con i prossimi lavori di Spike Lee (Miracolo a Sant’Anna), e Ron Howard (Angeli e Demoni).
Una pellicola corale, che piace e sa farsi apprezzare (forse ancora dall’Academy?) e che annuncia inevitabilmente il terzo episodio (già in lavorazione), Il viaggio del Veliero.

Andrea Giordano

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