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La stoffa dei sogni

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato27 novembre 2016Voto: 8.0
 

  • Foto dal film La stoffa dei sogni
  • Foto dal film La stoffa dei sogni
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“La stoffa dei sogni” è il nuovo film drammatico di Gianfranco Cabiddu con protagonisti Sergio Rubini, Ennio Fantastichini, Renato Carpentieri, Teresa Saponangelo, Francesco Di Leva, Jacopo Cullin, Ciro Petrone, Alba Gaia Bellugi, Nicola Di Pinto, Vanni Fois e Giampaolo Loddo.
Una modesta “compagnia di teatranti” naufraga insieme a dei pericolosi camorristi sulle coste di un’isola in mezzo al mediterraneo. Non in un’isola qualunque, ma all’Asinara, un’isola-carcere in mezzo al mediterraneo. E’ il primissimo dopoguerra e per il Direttore dell’isola-carcere è impossibile distinguere i pericolosi camorristi dai teatranti. Il Direttore cova un forte odio verso il teatro perché è stato abbandonato dalla moglie attrice, e si è auto-esiliato con la figlia appena adolescente a dirigere l’isola-carcere. Il Direttore trova così l’occasione per la sua vendetta: costringere tutti i naufraghi a mettere in scena una commedia, “La tempesta” di William Shakespeare, che gli svelerà la differenza tra il vero e il falso, tra chi è attore e chi no, e riuscirà così a smascherare i camorristi/naufraghi che si confondono con gli scalcinati attori nella speranza di sfuggire alla prigione.

“La stoffa dei sogni” non è una pellicola qualsiasi, una di quelle che - dopo averla vista una volta - chiudiamo in un cassetto per non recuperarla mai più. Gianfranco Cabiddu è riuscito a regalare una commedia (viene definito di genere drammatico, ma in realtà nasconde in sé alcuni momenti che, se non altro, vi faranno sorridere) d’altri tempi e a ricordare in essa due grandi maestri come William Shakespeare ed Eduardo De Filippo, che ricordiamo ai tempi aveva adattato il testo de “La tempesta” del drammaturgo inglese e lavorato con lo stesso regista de “La stoffa dei sogni”.
Il lato curioso del film è che Cabiddu ha voluto mostrare un parallelismo tra la storia dei personaggi presenti nel progetto e quella dei protagonisti del testo in questione: dopo essersi imbarcati su una nave, naufragano a causa di una tempesta e arrivano all’Asinara. Qui si scoprirà che il boss, fintosi insieme ad altri due malavitosi un attore di teatro, ha perso il figlio nell'incidente. Quest’ultimo, inoltre, si chiama Ferdinando. Altro aspetto rilevante è il linguaggio adottato dai alcuni membri del cast - in primis Sergio Rubini ed Ennio Fantastichini - che in qualche modo ricorda quello tipico del periodo in cui ha vissuto Shakespeare.
Che sia un caso? Al loro modo di parlare così fine e aulico si contrappone il dialetto napoletano dei camorristi. Ciò rappresenta non solo l’unica difficoltà nel mettere in scena lo spettacolo, ma anche una sorta di legame tra passato e presente, tra ‘antico’ e moderno e dimostra che le opere di Shakespeare possono essere ancora oggi molto attuali. Nella pellicola emerge la volontà del regista di omaggiare la sua Sardegna (le riprese si sono svolte sull'isola). L’ambiente circostante, infatti, assume una valenza importante: è come se la natura, l’isola, fosse un vero e proprio personaggio della storia e se il regista, con la sua attenzione al dettaglio, volesse semplicemente sottolineare la sua immensa bellezza e grandezza.
Questo concetto, d'altronde, è anche giusto che venga evidenziato in un film dove i protagonisti non sono gli attori stessi ma La tempesta (nel suo senso più lato).

Gli attori sono tutti perfettamente in parte e credibili: una menzione speciale va a Renato Carpentieri ("La squadra") che è riuscito a mostrare il lato più umano del suo personaggio, il boss, facendoci comprendere (anche se ne siamo già consapevoli) che ogni uomo - anche il più ‘cattivo’ - può avere grossi problemi. Si tratta di un tema universale che accomuna la vita di tutti gli uomini. La perdita di un figlio è certamente uno dei più difficili da affrontare e superare: si tende a lasciarsi andare, a non trovare più motivi per continuare a vivere, almeno fino a quando non ci si trova di fronte ad un evento che potrebbe cambiare la tua vita per sempre: una commedia ad esempio. L’uomo, infatti, si troverà di fronte ad un bivio: mettere in scena lo spettacolo o finire in prigione? Che la commedia lo aiuti a trovare un motivo per lottare? Questo non possiamo dirvelo, ma sappiamo che spesso basta poco per ritrovare la felicità negata da una natura beffarda.
Dal film emerge anche il tema dell’importanza della forza di volontà, quella che ti spinge a lavorare di notte pur di conquistare il tuo obiettivo. Altra tematica affrontata è quella del linguaggio e della differenza che può fare usare un vocabolario ricco piuttosto che uno volgare, poco folto e alla mano (anche se, in realtà, la chiarezza e l’immediatezza dovrebbero essere la prima cosa). Un punto di rilievo è anche capire la differenza tra la finzione e la realtà, tra ciò che è vero e ciò che è falso, ma anche il bisogno di proteggere la propria famiglia dal male.
La pellicola è a tratti prevedibile, ma le inquadrature adottate e la colonna sonora contribuiscono alla riuscita del film.
Un dubbio si fa largo: nel progetto si vede Rubini (immenso nel ruolo del capo della compagnia, anche se - avendo fatto teatro - ciò non sorprende più di tanto) adattare il testo de "La tempesta" per recitare la commedia in dialetto napoletano e favorire i camorristi, abituati ad altri tipi di dialoghi. E se il regista, in cuor suo, gli avesse affidato la parte del grande De Filippo? Altra figura emblematica è quella del pastore. E’ difficile capire il senso della sua presenza, eppure anche lui fa la sua parte nella pellicola, a volte semplicemente fissando qualcosa o qualcuno (vi abbiamo detto che è molto ambiguo e, inoltre, non parla). Che la sua figura abbia un valore simbolico?

Un film complesso e dalle mille sfaccettature che non solo merita dal punto di vista dell’interpretazione, ma anche da quello del coinvolgimento emotivo. La pellicola, in cui ha recitato anche Luca De Filippo (figlio di Eduardo) prima di passare a miglior vita, è una chiara e forte dedica al lavoro di due dei più grandi artisti di tutti i tempi.


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