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Last Food
Prima opera sulla lunga distanza di Daniele Cini, "Last food" prende come punto di partenza il senso del gusto.
La storia inizia su di un aereo che precipita tragicamente, lasciando soltanto due superstiti: un giapponese (Hal Yamanouchi) ed un francese (Gigio Alberti). I due decidono di non attendere i soccorsi e si incamminano sulle montagne desolate; qui capiranno di essere molto diversi. D'altra parte Grumand è titolare di una ditta di catering che non bada molto alla qualità dei cibi, mentre Takano è uno chef cordon bleu. Ma ovviamente la scelta dei gusti a livello culinario si ripercuote sulla visione della vita.
Il film di Daniele Cini mescola toni di tragedia e commedia lungo tutto il racconto: l'incidente aereo, il cannibalismo, l'anoressia, la bulimia, la non accettazione del proprio corpo, sono trattati in maniera quasi farsesca, spiazzando lo spettatore che ogni tanto si perde. E come lo spettatore, ogni tanto, mi sembra si perda il regista, per cui facciamo fatica a tenere il filo. Con questo non voglio dire che il film sia complicato ma almeno straniante. L'idea di base è molto interessante, così come lo è la chiave farsesca, eppure è come se mancasse una specie di collante tra tutti gli elementi che compongono il film. Gli attori sono bravi e anche la regia è originale, ma la durata del lungometraggio è forse troppo dispersiva per come è stata raccontata la storia.
Daniele Cini viene dall'esperienza dei cortometraggi e si vede: sembra abbia girato il film con la stessa struttura di un corto (o almeno così è sembrato a me), ed è per questo che inevitabilmente ci si perde, tanto più che sembra di assistere a due film diversi: il primo più metaforico, il secondo più realistico. Forse c'è anche un vago riferimento al Pasolini di "Porcile" almeno per quanto riguarda il cannibalismo e il paesaggio desolato che è un pò paesaggio della mente. Ma se nel maestro di Bologna c'era sempre un intento politico o sociologico, nel film di Daniele Cini tutto diventa favola e tutto è trasportato a livello interiore. Se si potesse definire con un aggettivo, "Last food" potrebbe essere definito un film "strano". In effetti c'è da riconoscere al regista il merito di avere usato una struttura ed un linguaggio, almeno, coraggiosi. E se anche il film non è riuscito alla perfezione questo è un pregio che non va sottovalutato, tanto più al giorno d'oggi.
Renato Massaccesi
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