FilmUP - Recensione: La spina del diavolo

La spina del diavolo
"La spina del diavolo" è un film di Guillermo del Toro del 2001, che viene tirato fuori ora, in fase di saldi estivi, dai magazzini della Sony, sull'onda del successo avuto dal regista con "Blade 2" e "Hellboy".
Catalogato come horror, il film si apre con una disquisizione sulla natura dei fantasmi ma si sviluppa in modo eterogeneo, mescolando racconto gotico, allegoria politica e storie di collegio. Il protagonista è Carlos, un bambino di 12 anni, che viene abbandonato dal suo tutore, durante la Guerra Civile spagnola, nell'orfanotrofio di Santa Lucia, un imponente edificio sperduto in una landa desolata. L'istituto è gestito amorevolmente da Carmen, una simpatizzante comunista e dal dottor Casares, perdutamente innamorato di lei. Qui, tra corridoi bui, apparizioni orribili, avvertimenti sussurrati e la caccia ad un tesoro nascosto, si consumerà l'infanzia di Carlos e degli altri piccoli ospiti, a causa di una presenza malefica ma non ectoplasmatica. L'elemento orrifico e fantastico risulta, infatti, semplicemente accessorio allo svolgersi degli avvenimenti. Ciò che interessa e che viene descritto molto bene sono le dinamiche che si creano tra i diversi ospiti dell'istituto e le conseguenze a cui può portare l'avidità e la cattiveria umana, amplificata dalle nefandezze della guerra, che fa sentire la sua lunga mano anche in questo luogo isolato dal mondo e lontano dalla battaglia.
Meno eccessivo dei primi film di Guillermo del Toro, "La spina del diavolo" si caratterizza per una bella atmosfera, tesa e sospesa ed una fotografia ocra che rende bene l'afa oppressiva del deserto ed evoca sottilmente il passato. La trama risulta, invece, scontata e poco coinvolgente, soprattutto nella parte horror, poco comunicativi anche i piccoli protagonisti.
Grazie, alle belle interpretazioni di Marisa Paredes e Federico Luppi, risulta poetica e non scontata la storia d'amore tra Carmen e il dottor Casares.

La frase: "Che cos'è un fantasma? Un evento tragico condannato a ripetersi ancora e ancora".

Elisa Giulidori

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