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La rieducazione
Quante volte nei nostri posti di lavoro ci siamo detti "qua ne capitano davvero di tutti i colori, potremmo farne un film". Questo sembra essere il presupposto di questo film arguto e a basso costo, realizzato con mezzi modesti ma con una solida sceneggiatura e tanta passione. Un giovane disoccupato impegnato più nel sociale che nella costruzione della propria vita viene costretto dal padre a lavorare come muratore presso un conoscente. La finalità è chiaramente didattica: far comprendere al giovane il valore del denaro, e della vita pratica, al di là delle sue conoscenze fino a quel momento solo libresche.
La rieducazione è un piccolo, grande fenomeno. Realizzato con soli cinquecento euro da un collettivo di Tivoli, Amanda Flor, e con un cast composto interamente da non professionisti, il primo episodio di un ideale "ciclo dei finti" si impone per realismo, freschezza e profondità. Mostrando le piccole dinamiche interpersonali all'interno tramite l'occhio apparentemente ingenuo dell'acculturato protagonista, la rieducazione ne smaschera le ipocrisie, le falsità e la doppiezza, dipingendo un quadro desolante del mondo del lavoro al giorno d'oggi. Nella scrittura della sceneggiatura, quasi pasolinianamente in presa diretta con la strada, il collettivo Amanda Flor ha preso a piene mani nelle esperienze dei propri componenti, nel linguaggio, nelle situazioni e nei personaggi, così comuni da essere a tratti familiari e riconoscibili nelle loro piccole miserie quotidiane.
È davvero starordinario constatare quanto un prodotto realizzato con queste premesse sia convincente sia dal punto di vista della recitazione che dal punto di vista tecnico. A questo proposito va notato che una certa sgranatura e la mancanza di perfezione nella resa dell'immagine giova grandemente a un film come questo, che tuttavia non scivola mai nel documento verità o nel reality, restando puro cinema. Sarebbe bello pensare che operazioni come questa conferiscano linfa nuova al cinema italiano, ma questo lo potremo vedere soltanto nei prossimi anni. Per adesso accontentiamoci di attendere con trepidazione e curiosità il prossimo episodio di una trilogia umanissima ed antiepica, ironica e a tratti beffarda, ma sempre accompagnata da una lettura critica della società italiana di oggi.
La frase: "Ha fatto 2.000 concorsi e gli hanno detto di no a 4.000".
Mauro Corso
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