La Papessa
L’annosa leggenda secondo la quale, tra l’anno domini 853 e l’855, sarebbe stata una donna a reggere il soglio pontificio sotto mentite spoglie, ha solleticato la curiosità di molti nel corso dei secoli e ha fornito materiale per almeno un paio di romanzi e altrettanti film. Oggi è il lavoro firmato da Sönke Wortmann a raggiungere, dopo aver superato più di qualche problema in fase produttiva, la grande distribuzione e le sale cinematografiche italiane. Uscito in Germania già da sei mesi, La papessa racconta la vicenda della brillante Johanna di Ingelheim (Johanna Wokalek), sottratta in modo rocambolesco ad un destino apparentemente già segnato dalla propria condizione ("Le donne non possiedono l’abilità naturale di trarre conclusioni logiche... Le sezioni cerebrali femminili utili sono di dimensione tanto ridotta che le donne sono incapaci di comprendere idee o concetti elevati", sostiene il suo maestro presso la cattedrale di Dorstadt) e perfettamente in grado di leggere, scrivere e imparare lingue straniere. Sfuggita al padre violento e bigotto – e mal tollerata dagli studiosi della Schola come un’eccezione inquietante alla regola della smaccata superiorità maschile, reiterata di continuo per due ore e mezza – l’intraprendente ragazzina si rifugia sotto l’ala protettrice del Conte Gerold (David Wenham), che la cresce come figlia sua. Incomprensibilmente, qualche anno dopo tra i due scatta un’attrazione che l’intreccio qui non supporta né giustifica a sufficienza; ma la partenza del bel cavaliere per la guerra lascia la nostra alla mercé della Contessa tradita e offesa, che decide di darla in sposa e liberarsene in assenza del marito. Salvata dall’incubo nuziale grazie alla provvidenziale irruzione di feroci invasori (alla faccia del deus ex machina), ma costretta al contempo ad inventarsi qualcosa per sopravvivere, l’ormai adulta Johanna si traveste da uomo e raggiunge il monastero benedettino di Fuda, dove vive per molti anni en travesti – chierica compresa. La mirabile propensione per lo studio e le scienze, nonché un’ulteriore fuga forzata per proteggere la propria identità, la portano a Roma, dove consolida ulteriormente la propria sapienza come Johannes Anglicus; ecco perché si ritrova ad essere l’uomo (?) giusto al momento giusto quando il ridanciano Papa Sergius (John Goodman), ammalatosi di gotta, rischia la vita. Molti intrighi vaticani ed eccentriche tuniche dopo, si troverà davanti ad una scelta che a parecchie donne moderne suonerebbe ironicamente familiare: da un lato la carriera (e che carriera!), per difendere la quale è chiamata a sopprimere letteralmente la propria femminilità; dall’altro il suo redivivo amore, tornato in superficie quasi fuori tempo massimo – appena in tempo, pare, per porla dinanzi al dilemma più grande.
Donna Woolfolk Cross è l’autrice del romanzo del 1996 di cui Die Päpstin, questo il titolo originale, è adattamento; bestseller, il cartaceo ha però affrontato una vera e propria epopea prima di approdare su pellicola. Evidenti appaiono infatti, nel corso del corposo biopic che sfiora le due ore e mezza, i cambiamenti di registro e le incertezze di tono che hanno colpito il prodotto a causa dei diversi passaggi di mano in fase di realizzazione (sceneggiatori e interpreti si sono avvicendati in corso d’opera), il più clamoroso dei quali ha visto il buon Goodman ritirarsi dal progetto e poi rientrarvi a forza dopo la causa da tre milioni di dollari intentata contro di lui da parte della Constantin Film. A Franka Potente è andata meglio: sostituita dalla spigolosa Wokalek (La Banda Baader Meinhof), ha potuto evitare di prestarsi ad un disomogeneo drammone con poche prestazioni accettabili, un discutibile script tutto teso a prendersi troppo sul serio e un finale un po' disturbante il cui messaggio intrinseco rende a dir poco perplessi: guardate attentamente il vostro parroco, gente, non si sa mai. Sono tra noi.

La frase:
Johanna: "E’ un miracolo, Sua Santità aspetta un figlio!".

Domitilla Pirro

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