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La notte del giudizio - Election Year

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Roberto Leofrigio22 luglio 2016Voto: 8.5
 

  • Foto dal film La notte del giudizio - Election Year
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Terzo capitolo per la saga dedicata allo sfogo ovvero il Purge dove per 12 ore i cittadini possono commettere ogni tipo di crimine e restare impuniti. Una storia fin troppo attuale visti i recenti fatti di sangue negli USA (uccisione di neri, strage di poliziotti a Dallas) che sembrano additare le capacità "profetiche" di alcune pellicole hollywoodiane, vedi Attacco al potere (The Siege) di Edward Zick che nel 1998 anticipava il problema del terrorismo di matrice islamica e in una certa misura i tragici eventi dell'11 settembre. Capacità in realtà da addebitare ai loro sceneggiatori, al pari dei migliori sociologi o psicologi di massa, che riescono a leggere fin troppo bene l'attualità predicendo possibili scenari. Il terzo capitolo di questa saga non delude affatto e il regista e sceneggiatore James DeMonaco, sempre sotto l'attenta produzione di Jason Blum, riesce a centrare l'obiettivo senza cadere nella ripetizioni, appassionando ulteriormente ormai i numerosi spettatori che premiano questi film a basso budget in grado di esprimere messaggi decisamente inquietanti.

La scelta per tutte le pellicole e in particolare quest'ultimo capitolo è quella di mostrarci cosa succederebbe mettendo contro gli strati della popolazione ricca contro quella più vulnerabile e povera, un problema fin troppo evidente in America. Questa volta ci troviamo nell'anno elettorale nel paese a stelle e strisce, che ha superato la crisi economica e sociale grazie allo sfogo annuale, ma in realtà il prezzo pagato in termini di vite perse è molto alto.

La corsa alla presidenza vede la senatrice Charlie Roan (interpretata da una solida Elisabeth Mitchell) vittima in passato e unica sopravissuta alla strage dei suoi familiari durante uno sfogo quindici anni prima, e ora si batte per l'abolizione di questa pratica contro l'altro candidato un leader religioso a favore e appoggiato dai Padri fondatori che hanno creato la giornata dello sfogo che cade ogni 21 marzo. Inevitabili i paragoni tra la senatrice e l'attuale candidata Hillary Clinton con il suo attuale antagonista Donald Trump, caratterizzato dai suoi toni accesi affinché l'America ritorni forte. Paragoni politici poco appropriati in realtà, dato che il regista tocca bene le corde della violenza attuale che semina morte in America, e la ripropone all'interno della pellicola portandoci a mostrare perfino turisti dell'assassinio, giunti come fosse un Halloweeen da festeggiare, armati fino ai denti e con maschere surreali dalla Russia, Sud Africa, Gran Bretagna e altri paesi. Il paese del sogno americano dove poter uccidere è un diritto una volta all'anno, rappresenta per questi uno dei punti della grandezza americana. Di conseguenza quello che spesso viene definito da tanti con la parola "futuro distopico", sembra proprio molto più reale se paragonato ai fatti attuali dove la potente lobby della Armi in USA (NRA - National Rifle Association) detta comunque legge. In quest'ultimo capitolo vediamo una sincera lotta fra il bene e il male dove onesti cittadini si oppongo allo sfogo come l'agente di sicurezza Leo Barnes (interpretato da Frank Grillo) che si era fermato nella sua vendetta nel precedente episodio della saga e ora cerca disperatamente di salvare la senatrice. Ritroviamo anche Dante Bishop a capo dei rivoltosi contro lo sfogo colui che nel primo film cercava protezione a casa della famiglia Sandin, riapparso poi nel secondo episodio come rivoluzionario e ora pronto ad uccidere Padri Fondatori nella notte dello sfogo opportunamente emendata da ogni eccezione dalle cariche dello Stato alfine di poter uccidere la senatrice senza problemi legali, mettendo a rischio le vite stesse dei creatori dello sfogo pur di fermare a tutti i costi il movimento "pacifista" della senatrice.

Sarà durante la notte che precede di poco le elezioni presidenziali che le due fazioni si scontreranno in un vero gioco al massacro. Pur lasciando un filo di speranza la pellicola fa comprendere agli spettatori come in realtà lo Sfogo sia essenziale per una nazione iper armata come quella degli Stati Uniti, lasciandoli nel colpevole desiderio di una risposta violenta contro i cattivi, ma al tempo stesso insinuando che forse il problema per risolvere tanti problemi sia proprio l'uso della violenza e delle armi. Questa ambiguità espressa nel film e ancor più sottolineata rispetto ai due precedenti capitoli e sebbene questo potrebbe essere l'ultimo della serie, resta il dubbio allo spettatore tornato a casa, guardando i notiziari pieni di morte e tragici fatti di terrore, che forse lo Sfogo potrebbe essere davvero una buona soluzione, superando in questo caso quella che dovrebbe essere solo una finzione cinematografica, che ci fa valutare il film ben oltre i suoi limiti o meriti di puro intrattenimento.


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