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La mummia

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato07 giugno 2017Voto: 6.5
 

  • Foto dal film La mummia
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Tutti pronti per il ritorno de “La mummia”? Il film è diretto da Alex Kurtzman e vede come protagonisti un affascinante Tom Cruise nel ruolo di Nick, il suo compagno d’avventura Jake Johnson (conosciuto ai più per essere uno dei protagonisti della serie tv New Girl), Sofia Boutella nei panni della mummia (la Principessa Ahmanet), Annabelle Wallis in quelli di Jenny e, infine, Russell Crowe nel ruolo del Dr. Henry Jekyll.
Il film, volto perlopiù ad intrattenere il pubblico, è incentrato su un’antica regina sepolta viva prima che potesse portare a termine la sua ‘missione’. Un giorno Nick e la sua squadra trovano il suo sarcofago e la mummia prende vita, lanciando una maledizione a quest’ultimo. Lui è il prescelto e, in quanto tale, lei riesce ad entrare nella sua mente. La regina è pronta a realizzare il suo destino e quello di Nick, ma quest’ultimo cercherà un modo per distruggere la maledizione e tornare alla sua vita di sempre. Ma se qualcosa andasse storto? Nulla, infatti, andrà come previsto: preparatevi ad un finale imprevedibile e alla possibilità che la storia prosegua.

“La mummia” non è certo definibile un film pretenzioso, ma d’altronde nessuno si sarebbe mai aspettato un capolavoro. Innanzi tutto è bene mettere in chiaro una cosa: la pellicola non ha nulla a che vedere con l’originale interpretato da Brendan Fraser e diretto da Stephen Sommers.
Dimenticate le risate associate alla prima trilogia, tralasciate per dare un maggiore spazio all’azione. La sceneggiatura non spicca per l’originalità, ma alcune battute sono mirate e buone, altre invece risultano poco incisive e talvolta banali.
Nel film emerge l’intento del regista di voler far ridere il pubblico, anche se non riesce a divertirlo fino in fondo con le poche battute presenti. Diversamente dal primo progetto dedicato al personaggio della mummia, la pellicola di Alex Kurtzman si prende troppo sul serio, non riuscendo così a coinvolgere in tal senso il pubblico, come invece ci si aspetterebbe.
Eppure il primo film del Dark Universe, il franchise dedicato ai mostri classici della Universal, funziona perché mischia sapientemente tutti gli elementi che al cinema negli anni sono riusciti ad impressionare milioni di spettatori, compreso gli zombie e i riferimenti (talvolta solo citati) a figure letterarie (e non) note al grande pubblico (il dr. Jekyll che si trasforma in una sorta di Mr. Hyde ad esempio).

Tutti questi elementi però sembrano essere stati inseriti per ‘riempire’ il progetto, senza però appesantirne la visione. Il ritmo è incalzante e mantiene la stessa velocità per tutta la sua durata. Contribuiscono a creare una buona dose di suspance scene macabre, talvolta forti perché le veda un pubblico di bambini, e inquietanti.
Uno dei pochi aspetti che sorprendono lo spettatore è il fatto che la maledizione colpisca prevalentemente la mente del protagonista Nick, il quale si ritrova in una sorta di stato ipnotico quando di trova di fronte alla mummia. Come abbiamo accennato precedentemente, non manca certo l’azione nella pellicola di Alex Kurtzman che emerge sin dai primi minuti e si alterna a momenti più leggeri, trovando poi il suo apice nel finale scoppiettante.
Un finale imprevedibile che mette in chiaro l’idea di realizzarne un sequel.
Gli attori sono tutti perfettamente in parte, compreso Tom Cruise il quale sorprende nelle vesti di un uomo che riesce a redimersi, a cambiare per il bene altrui. Solo Jake Johnson è risultato poco credibile con le sue battute.
Una menzione speciale è da attribuire però a Sofia Boutella, la quale è riuscita a creare inquietudine e paura nello spettatore grazie alla sua intensa espressività. La colonna sonora accattivante, la fotografia nitida, un’ambientazione molto curata e la costruzione grafica buona (soprattutto della mummia) contribuiscono a far sì che la pellicola funzioni a livello commerciale, soprattutto per un pubblico giovane. Ma, come abbiamo già detto, non aspettatevi un capolavoro, perché certamente non può essere definito tale.


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