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La locanda della felicità
Zhang Ymou ambienta in una città post-comunista il suo ultimo film e, come per il precedente "Non uno di meno" lo lascia produrre agli americani, tra cui Terrence Malick.
Una città frenetica dove ci si perde e solo a volte ci si ritrova. Una città in cui prevale il consumismo e soprattutto l'individualismo che insieme all'ambizione, sua figlia, rende l'uomo povero sempre più solo.
Zhao cerca moglie. È uno scapolo sulla cinquantina, piuttosto male in arnese e sfortunato in amore. Conserva un romanticismo e una gentilezza quasi temeraria e sebbene cerchi di correggere la realtà personale con innocue bugie, le sue intenzioni restano oneste. Circuito dalle scaltre lusinghe di una divorziata in cerca di sistemazione, il povero ometto è costretto a cercare i soldi per il matrimonio. Un passo dopo l'altro Zhao imbastisce una serie di menzogne che pur nate per un buon fine, portano a galla l'amara verità: la donna vuole solo sbarazzarsi della figlia del suo precedente marito, abbandonata da quest'ultimo prima di lasciare il tetto coniugale, vessata dal fratello e costretta a tutti i lavori di casa dalla matrigna. L'attempato corteggiatore si lascia intenerire e cerca una soluzione per quella silenziosa Cenerentola. Si affeziona alla ragazza a tal punto da arrivare a inventarle un lavoro da massaggiatrice, sistemando in un capannone abbandonato un centro di massaggi e mandandole i suoi amici pensionati come clienti.
Il regista di "Lanterne rosse" si ispira ancora una volta allo scrittore di "Sorgo rosso", Mo Yan, e adatta al cinema un suo racconto. Intimista e delicato, con un finale melodrammatico eppure efficace, il cinema di Zhang Ymou sembra aver abbandonato l'ardore e la passione dei film precedenti, e sulla linea de "La strada verso casa" si affaccia sull'interiore e il personale. Forse una critica o forse solo una descrizione delle proprie delusioni davanti all'ormai imperante consumismo che attanaglia il suo paese, e del senso di smarrimento della sua generazione, probabilmente anche di quelle a venire, davanti a tanti cambiamenti e repentini, che sembrano farsi beffe di un passato così recente.
Il regista cinese non dimentica di ritmare la storia di un ironia sottile e di animare i personaggi del suo amore per loro, confermandosi ancora una volta straordinario narratore per immagini.
Valeria Chiari
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