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La gabbia dorata - La Jaula de oro











Un sogno, una speranza, un futuro. Queste tre grandi parole accomunano 3 giovani ragazzi provenienti dal Guatemala che si avventurano in un viaggio attraverso il Messico la cui meta è gli Stati Uniti. Il regista spagnolo Diego Quemada-Diez, al suo esordio dietro la macchina da presa, presenta una storia senza tempo, sull’immigrazione e la ricerca di uno spazio in cui ritrovare se stessi. Il sogno americano è in effetti uno tra i più antichi desideri dell’uomo, immagine di prosperità economica e migliori possibilità di vita. Ma in questo film il punto di vista viene ribaltato: non sono padri di famiglia ad andare alla ricerca di fortuna, bensì adolescenti.
Il regista ti porta così a una riflessione politica e sociale, che si sviluppa attorno all’ingenuità dei ragazzi inconsapevoli dei rischi cui vanno incontro, e alla semplicità del credere che negli Stati Uniti la situazione sia migliore solo per sentito dire. Non si può non fare il tifo per i piccoli protagonisti, così sprovveduti di fronte al confine americano la cui pericolosità è nota a tutti. Ma è proprio in questo che il film perde un po’ il filo del discorso, addentrandosi in una descrizione stereotipata della frontiera.
L’empirismo della narrazione ne risente, e lo scontro con la crudeltà del mondo risulta qualcosa di già visto. Il taglio critico che il regista aveva assunto, viene in un certo senso messo da parte per dare spazio alla compassione e ai luoghi comuni.
Nonostante questo, è un viaggio alla scoperta di se stessi e della vita, intesa come vera nemica per il posto in cui loro sono nati, ma anche un racconto multietnico e multiculturale di una generazione che ancora crede in una vita migliore, differente, nonostante le molte difficoltà tenuta ad affrontare quotidianamente.
Un film di un realismo disarmante, che molto rimanda alle opere di Ken Loach, suo indiscutibile maestro. Le riprese sporche, gli attori senza alcuna esperienza, i luoghi tangibili al limite tra il Sud e il Nord America e la spontaneità della sceneggiatura danno quel tocco di freschezza che da tempo non si vedeva sul grande schermo. Esattamente quel tipo di cinema che Jean-Luc Godard aveva riassunto in una frase: "non il riflesso della vita, ma la vita stessa fatta film, vista da dietro lo specchio in cui il cinema la capta".

La frase:
"So che ogni cosa che vedremo sarà bellissima, che tutto andrà bene e che noi arriveremo dove vogliamo".

a cura di Valeria Vinzani

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