La finestra di fronte
Dopo il grande successo de "Le fate ignoranti" di due anni fa, Ozpetek ci riprova con un film ambientato in due città parallele: Roma oggi e Roma del '43.
La storia è quella di Giovanna (Giovanna Mezzogiorno) e Filippo (Filippo Nigro) che tirano avanti una relazione che sembra un pò stanca. Un giorno incontrano Davide, un anziano che non si ricorda neanche più come si chiama (Massimo Girotti). Nell'intento di portare il vecchietto al commissariato, i due finiscono col prenderselo in casa. La vita nascosta di Davide finirà per influenzare la vita di Giovanna più di quanto lei avesse creduto (o voluto).
Il film si snoda tra vari livelli di realtà. Una vita immaginata, come vista da una finestra, ed una vita più dura che vuole fuggire dalle convenzioni rimanendone tuttavia intrappolata. Nella sua ultima interpretazione Massimo Girotti (un attore che ha attraversato gran parte della storia del cinema italiano) offre un personaggio che è pieno di chiaroscuri, mentre gli altri sembrano meccanicamente intrappolati nei propri ruoli. E forse è proprio questo il limite del film: una specie di meccanicità che rende il tutto fin troppo pulito.
Il dolore che dovrebbe scaturire da una storia del genere, non si avverte mai. Sembra che tutti i personaggi siano stanchi più per dovere che per "sentire". È tutto trattato con una sorta di estetismo, che alla fine risulta un pò stucchevole. Con ciò non voglio dire che il film sia brutto, anzi è piuttosto gradevole. Ma la cosa che più dispiace, e che penso stia diventando una tendenza di parte del cinema giovane italiano, è questo sbrodolarsi in una forma intimista che poi così sincera non è. Il riavvicinarsi ad una sorta di melodrammaticità per rappresentare i dubbi di una generazione borghese (Giovanna Mezzogiorno, che è brava, interpreta i panni di un'operaia, che in un ambiente come quello rappresentato è poco credibile), è cosa che può andar bene in televisione.
Non dico che al cinema bisogna per forza identificarsi con i personaggi, ma almeno tifare per loro. Qui non ci si riesce. Sembra che tutto sia ovattato. La guerra, la deportazione, l'omosessualità nascosta, il rapporto con la persona con cui vivi, gli amori clandestini: tutto questo trattato in modo più terreno avrebbe assunto un altro significato.
Alla fine l'unica cosa veramente priva di orpelli è la dedica con cui il film inizia: A Massimo.

Renato Massaccesi

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