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La corrispondenza











È in uscita questo giovedì il nuovo e attesissimo film di Giuseppe Tornatore che, dopo “La migliore offerta” (2012), torna a cimentarsi in una pellicola girata in inglese, dal respiro fortemente internazionale.
L’amore è al centro de “La corrispondenza”, infatti, il regista stesso definisce il film “una storia d’amore dei nostri tempi” in cui viene appunto celebrata tutta la forza del sentimento amoroso in grado di superare qualsivoglia ostacolo, persino una distanza incolmabile ed ineluttabile.
La storia ruota e si articola sostanzialmente attorno ai due protagonisti che da soli danno vita ad un intreccio piuttosto semplice: il premio Oscar Jeremy Irons interpreta un affascinante e famoso professore di astrofisica, Ed Phoerum, che vive un’intensa e clandestina storia d’amore con la bella Amy Ryan (Olga Kurylenko), una sua studentessa. Nelle prime scene del film ci vengono mostrati stralci di un amore che si rivela profondo e appassionato, destinato però ad interrompersi bruscamente a causa dell’improvvisa scomparsa di Ed. Amy, ripercorrendo i luoghi del suo amore perduto, si butta anima e corpo nella ricerca dell’uomo che ama, aiutata in questo dalla continua presenza di Ed che interagisce con lei attraverso una fitta corrispondenza, fatta di email, sms e plichi postali. Quella di Ed nel film è dunque una presenza/assenza, aspetto questo che in qualche modo accosta “La corrispondenza” al precedente “La migliore offerta”, un invisibile fil rouge che lega le due love stories, seppur assai diverse fra loro, presenti nei film di Tornatore.
Nella pellicola del 2012 la presunta agorafobia della protagonista femminile la teneva, infatti, celata dietro una parete per gran parte del film e aumentava la suspense predominante nella storia, mentre ne “La corrispondenza” è il personaggio maschile ad essere assente, potremmo però dire, involontariamente e per una causa piuttosto elementare.
Sicuramente qui lo schema del giallo classico, molto evidente ne “La migliore offerta”, viene meno e la componente di mistero perde forza man mano che la trama si dipana e la vicenda prende forma. Nonostante l’eccellente performance dei protagonisti (nella versione italiana tuttavia penalizzata, soprattutto nel caso di Irons, dal doppiaggio), la fotografia fredda ed evocativa che mette in risalto un paesaggio e luoghi assai suggestivi (del Regno Unito ed in particolare della Scozia) e la musica classica ed allo stesso tempo innovativa del maestro Morricone, la storia si rivela purtroppo fiacca e scontata. Nulla di nuovo, infatti, se solo si pensa al “P.S. I love you” girato da Richard LaGravenese nel 2007, dove sicuramente i toni si colorano di uno humor ed una leggerezza totalmente assenti nella pellicola di Tornatore, pervasa al contrario da un grande afflato melodrammatico, ma il plot si rivela essere assai simile. Come Irons e Kurylenko anche Gerard Butler ed Hilary Swank, protagonisti di “P.S. I love you”, sono alle prese con una storia d’amore “a distanza” e, proprio come Ed/Irons anche Gerry/Butler aiuta l’amata a colmare il vuoto lasciato dalla sua assenza con una corrispondenza postuma e continuamente volta ad enfatizzare la forza di un sentimento che sembra preesistere al tempo e allo spazio. Nonostante dunque la maestria registica che Tornatore, come al solito, impiega nell’allestimento di ogni scena e nella meticolosa costruzione delle inquadrature, la sua storia di un amore ultraterreno che potremmo quindi definire quasi fantascientifica si perde in una trama a tratti poco credibile e spesso costellata di tempi morti che ne penalizzano il ritmo.

La frase:
"Qui è come essere lì solo che non posso toccarti".

a cura di Sara D'Agostino

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