La città invisibile
Una commedia di finzione su un dramma reale? Dipende in quale chiave.
Filmando a L'Aquila qualche mese dopo il terremoto del 6 Aprile 2009, il cittadino d'adozione, co-sceneggiatore e regista Giuseppe Tandoi ha intitolato il proprio lavoro "la Città invisibile" in una possibile doppia accezione di luogo fantasma o sognato. E ponendo quindi come due uniche condizioni opposte il piangersi addosso o l'innamoramento giovanile, opta per la seconda in un'ottimistica ostentazione di normalità di scenette-clip (il recupero della campana effettuato con mascherine da ladri come nei fumetti, oppure il pub "la scossa" in cui si gioca anche a torte in faccia, mentre per la verità nelle tendopoli superalcolici e bevande eccitanti sono interdetti), dove la vita riprende con ingenui momenti edificanti (gli esami universitari, i preparativi della secolare Festa della Perdonanza, il batacchio che torna a risuonare e tutti sorridono, come una comunità unita).

Dall'altra parte, ci sono gli intermezzi delle rovine in un arpeggiare di chitarra, la resa di qualcuno tra l'assenza di una casa e la cassa integrazione ("io me ne vado, non ho più niente qui"), gli edulcorati contrasti: una ragazza cerca vestiti di marca tra gli aiuti arrivati e prova un combattuto innamoramento per un immigrato ("noi di qua, voi di là" dice il padre di lei, creando un muro divisorio di panni stesi, "qui siamo tutti uguali" risponde lui, aggiungendo che "qui i lavori forzati durano tutta la vita, per un rumeno"), oppure le prove della rock-band in una tenda e quelle del coro sacro nell'altra vicina, mentre sulla piattaforma di legno montata sopra un albero un vecchio solitario legge libri. Alla stoccata politica (il paragone con Gesù) e alla polemica sui rigidi controlli (i militari a presidio della "zona rossa") fanno da contraltare le macchiette (l'anziano svitato che fa le prove di impiccagione davanti a una bambina, il batterista barbuto e corpulento, che risulta la figura più simpatica), ma la problematizzazione e il rispetto per una ferita civile restano comunque a margine.

La frase: "Cosa è rimasto in piedi? Gli alberi, perchè non sono stati fatti dall'uomo con la sua avidità".

Federico Raponi

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