Ken il guerriero - La leggenda di Hokuto - Director's Cut
Era il lontano 1984, quando alcune emittenti televisive italiane trasmettevano le prime due serie (109 episodi la prima, 43 la seconda), ma il fenomeno sembrava già inarrestabile fin dalle prime immagini.
Ken il Guerriero ha rappresentato per alcune generazioni (compresa la mia) una sorta di "eroe buono", indistruttibile nel fisico, come nei valori più profondi.
La pellicola di Takahiro Imamura arriva in Italia solo ora, (qui come Director’s Cut del progetto originario di Toyoo Ashida del 1986, finito poi nel mercato degli home video), anche se in realtà un lavoro sull’Hokuto Ken è stato realizzato anche nel 1995 da Tony Randel, "Fist of the North Star", una sorta di live–action, che nonostante attori come Chris Penn e Malcolm McDowell, non raggiunse mai il successo atteso.
Il fumetto, (diventato poi cartone), nato in Giappone nel 1983 grazie alla creatività di Tetsuo Hara e Yoshiyuki Okamura, è stato precursore strategico, anticipando serie nipponiche di successo come "I cavalieri dello Zodiaco" o "City Hunter", ma anche videogames, libri, giochi di ruolo.
Ma soprattutto ha esplorato quegli stereotipi della cultura manga assai noti agli appassionati del genere: dall’olocausto nucleare, passando alle arti marziali, fino al senso del sacrificio, all’amicizia, al dolore, all’amore.
Nel film, per la gioia dei molti ammiratori, oltre a Ken, si (ri)scoprono Toki e Raoul (per l’Hokuto), Bart e Lyn, fedeli alleati, ma anche Shu, Stella della Benevolenza (chi si dimentica il suo Colpo dell’Airone Bianco) e il diabolico Sauzer, Stella della tirannia, (due dei sei sacri guerrieri della Croce del Sud), a rappresentare la Scuola di Nanto.
Il tuffo nel passato, ai tardi pomeriggi passati in televisione a godersi le avventure, i duelli mozzafiato, la "violenza marziale" che non faceva paura, ma che emozionava, è inevitabile.
Dal punto di vista tecnico l’opera è ben costruita, pochissimi i cambiamenti: nel doppiaggio innanzitutto (questo forse era scontato) e poi sulla storia, che qui sembra concentrarsi maggiormente sulla figura di Raul, lanciato nella sua corsa alla conquista del potere.
In questa versione per il grande schermo, viene finalmente mostrato al pubblico quell’amore, profondo, cinico per certi versi, che ha costituito le radici stesse della volontà di dominio che ha mosso ogni suo piano.
Ma nulla oltre a questo sembra essere cambiato: il pathos e il coinvolgimento sono i medesimi, l’eroismo epico, leggendario, non è mutato, ma sì è anzi rinnovato, con forza e luce nuova, dirompente.
In un mondo devastato e inaridito dalle guerre nucleari, le stelle hanno eletto l'unico salvatore:
Ken Shiro.

La frase: "Quando l’uomo è debole, il potere si allontana".

Andrea Giordano

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